Donne di Scienza: Émilie du Châtelet

“Un grande uomo la cui unica colpa era di essere una donna” (Voltaire)... ieri come oggi per essere una grande donna bisogna comportarsi come un uomo. (M. Cristina Fighetti, M. Pellegrini) ()
emilie chatelet
Émilie le Tonnier de Breteuil nacque nel 1706 a Parigi durante il regno di Luigi XIV, il Re Sole, alla cui corte il padre era responsabile del protocollo.
Poiché non sembrava fisicamente molto dotata, la famiglia aristocratica dell’alta società francese pensò di compensare le carenze estetiche con lo sviluppo di interessi sia linguistici che scientifici, di norma riservati ai rampolli di sesso maschile delle grandi famiglie. Crescendo, invece, Emilie si rivelò sempre più bella e non rinunciò alla vita mondana tipica della nobiltà dell’epoca.
Facilmente si sposò con matrimonio combinato per censo, divenendo così marchesa di Chatelet; il marito, impegnato nella carriera militare, era molto spesso lontano da Parigi e questo le consentiva di dedicarsi alle sue passioni, come lo studio delle scienze, della filosofia e della matematica, senza rinunciare ad avere numerosi amanti.
Nonostante nel Settecento le donne fossero escluse da una formazione di livello superiore, Émilie du Châtelet costruì nel corso della sua vita una preparazione di altissimo livello, che le permise di frequentare le più grandi menti scientifiche dell’epoca, sia nei salotti, sia nei caffè più alla moda, dove entrava travestendosi da uomo, essendo vietati alle donne.
Fu in una di quelle occasioni che conobbe Francoise-Marie Auret, più noto col nome di Voltaire, con il quale intraprese un forte sodalizio intellettuale e sentimentale. Molti manoscritti originali di Voltaire portano note scritte da Emilie e molti dei lavori pubblicati dal filosofo riconoscono a lei il contributo importante per la loro realizzazione.
L’incitamento di Voltaire indusse Emilie ad approfondire la conoscenza scientifica, a tal punto che pubblicò nel 1737 una traduzione dal latino degli “Elementi della filosofia di Newton” e tre anni dopo “Istruzioni di fisica”, esponendo le teorie del filosofo Leibniz.
La traduzione commentata dei “Principia mathematica” di Newton fu di tale importanza da farla citare nell’Encyclopedie di d’Alembert come l’autore che ha “tentato di rendere la filosofia newtoniana più comprensibile”.
L’obiettivo andava oltre una pura traduzione in francese del latino complesso usato nel testo da Newton, visto che presentava le invenzioni matematiche - utilizzate dalla fisica newtoniana e sviluppate poi da Leibniz nell’arco di mezzo secolo - nella forma adatta a renderle finalmente incisive per la comunità scientifica francofona ed accessibili ad un più vasto pubblico.
Il talento mostrato nell’analisi dell’amato Newton e dei temi biblici fu riconosciuto dall’Accademia delle Scienze di Bologna che l’accolse, nel 1746, come membro, onore riservato a poche scienziate di quell’epoca, quali Laura Bassi e Maria Gaetana Agnesi.
Emilie aveva presentato nel 1738 una sua opera all’Academie Royale des Sciences che non l’aveva accettata come membro, ma aveva pubblicato il suo lavoro, distinzione inedita per una femmina.
Nel 1748 terminò il legame sentimentale con Voltaire ed entrambi si consolarono, mantenendo ottimi rapporti. Emilie aveva intrapreso l’ennesima relazione amorosa, rimanendo incinta all’età di 42 anni. Per le donne dell’epoca la gravidanza in tarda età costituiva un notevole rischio; nel settembre del 1749 diede alla luce una bambina, morta appena nata e lei stessa morì una settimana dopo.
La traduzione dei Principia fu pubblicata postuma nel 1756 per intervento di Voltaire, cosa che segnò un punto fermo per la scienza francese e mondiale.

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