Il Giorno della Memoria e l’Omocausto
Quella dello sterminio di omosessuali e transessuali sotto il regime nazista è una storia troppo spesso dimenticata. Ecco perché ne ripercorriamo le tappe in un'efficace sintesi documentata, fino ad arrivare al nostro presente. Alcune iniziative milanesi testimoniano l'impegno di quanti vogliono, nel Giorno della Memoria, trasformare il ricordo in azione positiva, fondata su rispetto, parità, eguaglianza.
(Antonia Monopoli, Marco Mori, Antonello Lenza)15/01/2013
Il 27 gennaio del 1945 i soldati dell’Armata russa entrarono nell’ex campo di sterminio di Auschwitz: veniva così consegnata alla Storia una folle politica eugenetica attuata sulle popolazioni del Vecchio Continente e portata avanti per oltre un decennio.
Quella data è stata scelta dagli stati aderenti all’ONU per ricordare tutte le vittime della crudeltà antiumana del nazi-fascismo e per non dimenticare i tanti Olocausti del secondo conflitto mondiale: quello degli ebrei, dei perseguitati politici, degli zingari, dei testimoni di Geova, dei malati, dei soggetti definiti antisociali, degli omosessuali e delle persone transessuali.
LA STORIA. Il nazismo perseguitò omosessuali e transessuali sulla base del Paragrafo 175 che vigeva in Germania dal 1870 e che fu inasprito allorquando Hitler prese il potere (1933): esso colpiva gli uomini che intrattenevano rapporti sessuali con altri uomini con la pena carceraria.
Tra il 1933 e il 1944 circa 100.000 uomini tedeschi omosessuali furono condannati in forza di tale articolo: le pene comminate andavano dalla castrazione alla deportazione nei campi di concentramento (Dachau e Orianenburg soprattutto) con l’infamante segno distintivo del “triangolo rosa” volto a ridicolizzarne la virilità.
L’annessione al III Reich dell’Austria, nel 1938, della Polonia nel 1939 e successivamente dell’Alsazia e della Mosella, nel 1941, comportò l’estensione del Paragrafo 175 alle popolazioni civili di questi territori. Agli “uomini con il triangolo rosa” nei campi di concentramento spettavano i lavori più pericolosi e degradanti: la loro aspettativa di sopravvivenza era inferiore persino rispetto a quella degli altri deportati.
Nonostante le donne lesbiche non venissero colpite dal Paragrafo 175, cionondimeno esse vennero perseguitate alla stregua delle prostitute, delle ‘donne libere’, delle femministe e delle persone antisociali ed internate nei campi di concentramento con il “triangolo nero.”
In Italia Mussolini promulgò alcuni decreti contro gli omosessuali dal 1938, designandoli come criminali politici.
Le legislazioni degli stati occupati hanno mantenuto il vergognoso articolo del Codice penale nazista contro omosessuali e transessuali fino a tempi relativamente recenti: le due Germanie aboliranno il Paragrafo 175 sul finire degli anni Sessanta (la Germania dell’Ovest lo abolirà nel 1969, mentre la Germania dell’Est vi aveva provveduto l’anno precedente); in Austria l’articolo 129 Ib del Codice penale (l’equivalente austriaco del Paragrafo 175) è rimasto in vigore fino al 1971 e la legge francese del 1942 (voluta dallo Stato di Vichy per fare cosa gradita all’occupante nazista), volta a perseguire i crimini ‘contronatura’, verrà conservata fino al 1982.
IL PRESENTE. È in ricordo anche di queste vittime che il C.I.G. Comitato Provinciale Arcigay Milano, lo Sportello Trans di ALA Milano Onlus, il Comitato Solidale Antirazzista LGBT di Milano “Alziamo la testa” propongono martedì 29 gennaio alle 20,30 presso il negozio civico ChiAmaMilano, in Largo Corsia dei Servi 11, la visione del film-documentario “Il colore del silenzio” (Italia, 2005, 55’) del filmmaker indipendente Raffaele Piscitelli che rievoca i punti salienti delle persecuzioni naziste nei confronti di omosessuali e transessuali.
Aderisce all’iniziativa anche il Circolo di Cultura Omosessuale Harvey Milk di Milano.
Completano il ricordo dell’Omocausto alcune testimonianze tratte da “Il mio nome è Lucy”, pubblicato dall’Editore Donzelli di Roma nel 2009, della documentarista Gabriella Romano, sulla vita di una transessuale italiana, Lucy-Luciano appunto, tradotta nel campo di concentramento di Dachau sul finire del 1944 sulla scorta di reati politici.
L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), istituito nel 2003 presso il Ministero per le Pari Opportunità. Alla serata parteciperanno un rappresentante del Direttore generale dell’UNAR, il regista Raffaele Piscitelli e gli attori Conte Galé, che interpreta il ruolo di Hitler, e Irina Dobnik nella parte di Henny Schermann, giovane tedesca lesbica ma di origini ebraiche arrestata nel 1940 e uccisa nelle camere a gas nel 1942.
Antonia Monopoli
Marco Mori
Antonello Lenza
Quella data è stata scelta dagli stati aderenti all’ONU per ricordare tutte le vittime della crudeltà antiumana del nazi-fascismo e per non dimenticare i tanti Olocausti del secondo conflitto mondiale: quello degli ebrei, dei perseguitati politici, degli zingari, dei testimoni di Geova, dei malati, dei soggetti definiti antisociali, degli omosessuali e delle persone transessuali.
LA STORIA. Il nazismo perseguitò omosessuali e transessuali sulla base del Paragrafo 175 che vigeva in Germania dal 1870 e che fu inasprito allorquando Hitler prese il potere (1933): esso colpiva gli uomini che intrattenevano rapporti sessuali con altri uomini con la pena carceraria.
Tra il 1933 e il 1944 circa 100.000 uomini tedeschi omosessuali furono condannati in forza di tale articolo: le pene comminate andavano dalla castrazione alla deportazione nei campi di concentramento (Dachau e Orianenburg soprattutto) con l’infamante segno distintivo del “triangolo rosa” volto a ridicolizzarne la virilità.
L’annessione al III Reich dell’Austria, nel 1938, della Polonia nel 1939 e successivamente dell’Alsazia e della Mosella, nel 1941, comportò l’estensione del Paragrafo 175 alle popolazioni civili di questi territori. Agli “uomini con il triangolo rosa” nei campi di concentramento spettavano i lavori più pericolosi e degradanti: la loro aspettativa di sopravvivenza era inferiore persino rispetto a quella degli altri deportati.
Nonostante le donne lesbiche non venissero colpite dal Paragrafo 175, cionondimeno esse vennero perseguitate alla stregua delle prostitute, delle ‘donne libere’, delle femministe e delle persone antisociali ed internate nei campi di concentramento con il “triangolo nero.”
In Italia Mussolini promulgò alcuni decreti contro gli omosessuali dal 1938, designandoli come criminali politici.
Le legislazioni degli stati occupati hanno mantenuto il vergognoso articolo del Codice penale nazista contro omosessuali e transessuali fino a tempi relativamente recenti: le due Germanie aboliranno il Paragrafo 175 sul finire degli anni Sessanta (la Germania dell’Ovest lo abolirà nel 1969, mentre la Germania dell’Est vi aveva provveduto l’anno precedente); in Austria l’articolo 129 Ib del Codice penale (l’equivalente austriaco del Paragrafo 175) è rimasto in vigore fino al 1971 e la legge francese del 1942 (voluta dallo Stato di Vichy per fare cosa gradita all’occupante nazista), volta a perseguire i crimini ‘contronatura’, verrà conservata fino al 1982.
IL PRESENTE. È in ricordo anche di queste vittime che il C.I.G. Comitato Provinciale Arcigay Milano, lo Sportello Trans di ALA Milano Onlus, il Comitato Solidale Antirazzista LGBT di Milano “Alziamo la testa” propongono martedì 29 gennaio alle 20,30 presso il negozio civico ChiAmaMilano, in Largo Corsia dei Servi 11, la visione del film-documentario “Il colore del silenzio” (Italia, 2005, 55’) del filmmaker indipendente Raffaele Piscitelli che rievoca i punti salienti delle persecuzioni naziste nei confronti di omosessuali e transessuali.
Aderisce all’iniziativa anche il Circolo di Cultura Omosessuale Harvey Milk di Milano.
Completano il ricordo dell’Omocausto alcune testimonianze tratte da “Il mio nome è Lucy”, pubblicato dall’Editore Donzelli di Roma nel 2009, della documentarista Gabriella Romano, sulla vita di una transessuale italiana, Lucy-Luciano appunto, tradotta nel campo di concentramento di Dachau sul finire del 1944 sulla scorta di reati politici.
L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), istituito nel 2003 presso il Ministero per le Pari Opportunità. Alla serata parteciperanno un rappresentante del Direttore generale dell’UNAR, il regista Raffaele Piscitelli e gli attori Conte Galé, che interpreta il ruolo di Hitler, e Irina Dobnik nella parte di Henny Schermann, giovane tedesca lesbica ma di origini ebraiche arrestata nel 1940 e uccisa nelle camere a gas nel 1942.
Antonia Monopoli
Marco Mori
Antonello Lenza