Andar per mostre: Fernando De Filippi in La rivoluzione privata 2

La Fondazione Mudima ospita sino al 6 febbraio una mostra “politica” dedicata alle opere degli anni ’60 e ’70 dell’artista. Un com’eravamo senza particolari nostalgie. ()
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Negli anni ‘60 e ’70 del secolo che fu i fermenti sociali e politici si posero al centro dell’attenzione del mondo intero e determinarono cambiamenti e trasformazioni che allora si ritennero, forse con qualche presunzione, epocali. Correvano quegli anni con immensa intensità e non poterono non contaminare e coinvolgere i movimenti culturali e artistici che si manifestarono attraverso espressioni di nuovi linguaggi e nuove strategie.

Fernando De Filippi, leccese d’origine e milanese d’adozione, non sfuggì agli umori di quel clima e la mostra presso la meritoria Fondazione Mudima, a cura di Angela Madesani, ne restituisce tutte le mozioni e tutte le emozioni.

L’artista, come tanti altri prima e dopo di lui, si esercita con la pittura, la fotografia, film e istallazioni.

La pittura acrilica ci restituisce il volto e la figura di Vladimir Ilic Lenin, colto in pose ufficiali e non, lo sguardo penetrante, il portamento austero. In quelle opere, realizzate tra il 1972 e il 1973, si ritrova tutta la passione ideologica di quel periodo storico. Di quello stesso periodo rimane solo traccia fotografica di Il grande lenzuolo, in originale opera su tela greggia nelle considerevoli misure di cm 880 x cm 440, testimonianza di un epoca di battaglie sociali e civili. In fotografia anche Sostituzione (1974) opera in cui lo stesso De Filippi, in quaranta scatti successivi, si trasforma in Lenin. Quasi una ossessione.

L’ossessione si manifesta anche nell’appropriazione da parte di De Filippi della calligrafia di Lenin per esprimere un’identità di linguaggio anche attraverso la riproposizione del segno delle parole.

Ecco poi la serie di fotografie che ripropongono e ricordano un percorso di performances e di installazioni che richiamano fortemente l’arte ideologica: “La pratica sociale dell’arte è la sola possibilità di lavoro autonomo all’interno del processo di produzione artistico”.

La scritta “L’arte è ideologia” campeggia sui muri di Lisbona (1977), di Firenze (1980), nelle affissioni selvagge di NewYork (1979) e nel metro di Parigi (1976) per lasciare un segno accanto e oltre i manifesti pubblicitari e i cartelloni murali.

Ed ecco la scritta “Arte come pratica sociale” che compare per le strade di Modena nel 1979, affissioni sicuramente abusive accanto a manifesti pubblicitari e a locandine di partito (curiosamente il PSI).

L’arte dunque nelle città, nella società accanto e oltre la quotidianità.

Chiude idealmente la mostra una sequenza di fotografie scattate sulla battigia (1976 e 1977), dove le onde lambiscono parole e frasi costruite con le formine. I testi sono riferiti agli scritti sull’arte di Marx. Tra le altre, la scritta “Il comunismo è la sintesi teorica delle condizioni per la liberazione del proletariato” viene dapprima solleticata dall’acqua e subito dopo cancellata. Sic transit gloria mundi.

Malgrado tutto, come direbbe Mario Capanna, “formidabili quegli anni”.


Fernando De Filippi
La rivoluzione privata 2

Fondazione Mudima
Via Tadino, 26
info@mudima.net

orario: 11/13 – 15/19,30
ingresso libero

catalogo in mostra Prearo Editore/Mudima



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