Vendere Spazio Oberdan? No, grazie!
Gira voce, ma è più di una voce perché esiste un atto di Giunta, che la Provincia di Milano voglia vendere (alienare si dice in gergo o, peggio ancora, cartolarizzare) Spazio Oberdan. Le voci, purtroppo, non sono infondate perché l’Amministrazione Provinciale versa in gravi difficoltà di bilancio, esposta su più fronti e alla ricerca disperata, ormai da qualche anno a questa parte, di risorse per farlo quadrare, il bilancio.
Già nel corso degli ultimi anni erano state messe in atto procedure per alienare immobili di proprietà, tra cui il palazzone vetro e cemento che sta di fronte al Palazzo di Giustizia, senza risultati definitivi, però.
Ora la Provincia vuole vendere i gioielli di famiglia. Brutto, anzi bruttissimo segno, soprattutto perché si sta tentando di vendere, e di privatizzare, un’eccellenza in campo culturale.
Spazio Oberdan venne inaugurato l’8 maggio 1999. Il progetto architettonico venne realizzato da Gae Aulenti e Carlo Lamperti per volontà della Giunta di allora coordinata da Livio Tamberi con Daniela Benelli alla cultura, la persona a cui si deve la concreta realizzazione dell’opera.
Allora, ma ancora oggi, Spazio Oberdan rappresentava un unicum tra gli spazi culturali cittadini: un luogo interamente dedicato alla cultura con uno spazio espositivo, una sala cinematografica affidata alla prestigiosa (e l’aggettivo non è sprecato) conduzione della Cineteca Italiana, una libreria, che poi nel corso degli anni ha chiuso i battenti. Completavano l’opera gli uffici dell’assessorato alla cultura che rappresentavano un tutt’uno con lo spazio, come dire “casa e bottega”.
Da allora, non sempre ma molto spesso, Spazio Oberdan ha visto la realizzazione di mostre d’arte e di fotografia di assoluto livello, ha ospitato proiezioni cinematografiche di altissima qualità e incontri e dibattito su temi culturali significativi.
In questi 15 anni, giusto per fare qualche nome e qualche esempio, Spazio Oberdan ha ospitato mostre d’arte di Mirò (all’inaugurazione), di Enrico Baj, Giorgio de Chirico, Tullio Pericoli, oltre a innumerevoli incursioni nell’arte moderna e contemporanea (Il Novecento milanese da Sironia Arturo Martini, Milano Anni Trenta, Alfredo Jarr, Jean Dubuffet). Ha presentato al pubblico milanese corpose mostre di eccellenti fotografi tra cui Elliott Erwitt (la più frequentata in assoluto presso Spazio Oberdan con oltre ventimila spettatori), William Klein, Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte. Anche recentemente sono state programmate eccellenti mostre di fotografia di Robert Doisneau e di Izis, malgrado le ormai endemiche difficoltà economiche che hanno avuto effetti pesanti anche sulla programmazione di Spazio Oberdan.
Negli anni migliori, si contavano presenze annuali di oltre centomila visitatori/spettatori anche grazie alla programmazione cinematografica della Cineteca Italiana a cui la Provincia aveva offerto uno spazio esclusivo di proiezione. Qualche nome di registi e attori che sono passati da Spazio Oberdan a parlare del loro cinema? Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Alexandr Sokurov, Manuel De Oliveira, Carlo Verdone, tra i moltissimi altri. Chi ricorda lo schivo Terrence Malick confuso tra il pubblico a vedere una copia, per altro non perfetta, de La rabbiagiovane?
Chi ricorda l’impertinente Otar Ioseliani o il simpatico Paolo Virzì? Dalla sala che ora è dedicata ad Alda Merini è passato praticamente tutto il cinema contemporaneo.
E poi ancora le performance e le serate a tema: Alda Merini che racconta se stessa e poi si mette al pianoforte per accompagnare la sua bella voce, Enzo Jannacci che suona in acustico una straziante versione di Vincenzina e la fabbrica, Umberto Eco e Moni Ovadia, Valentina Cortese e Carla Fracci, James Ellroy e Franco Battiato , ospiti de La Milanesiana, Ennio Moricone, Giovanni Raboni, Nanda Pivano, Gillo Dorfles e Piero Mazzarella. E ne abbiamo citati solo alcuni, solo pochissimi, sul filo della memoria.
Vendere Spazio Oberdan vuol dire svendere la cultura, il solito anello debole della nostra economia, quella che, secondo un luminare delle finanze, non dà da mangiare.
E siccome la cultura non dà da mangiare, anzi rappresenta un costo, oggi qualcuno pensa che si possa vendere un luogo che la cultura l’ha ospitata e l’ho promossa, l’ha sostenuta e l’ha imposta all’attenzione anche dei più distratti e dei meno interessati.
Non si può e non si deve vendere Spazio Oberdan per quello che ha rappresentato e per quello che rappresenta, pur nelle gravissime difficoltà contingenti. Non si può. Non accadrà.
(Massimo Cecconi)