L’Albergo Diurno Venezia: un progetto dell’architetto Piero Portaluppi?

L’Albergo Diurno Venezia sotto Piazza Oberdan è chiuso al pubblico dal 2003, quando il barbiere Carmelo Aiello, ultimo sopravvissuto degli artigiani che vi lavoravano, fu sfrattato dalla giunta Albertini. Il suo negozio era nella parte più monumentale del Diurno, ma la parte dei bagni pubblici era stata chiusa già alla fine degli anni ottanta del secolo scorso. Se lo si pregava con insistenza Aiello la faceva ancora visitare.

Un gruppo di studenti della scuola di cinema del Comune di Milano aveva girato un video negli anni novanta con una intervista a lui e all’altro barbiere presente allora.

L’Albergo Diurno Metropolitano “Venezia”, questo il suo vero nome, era stato inaugurato nel gennaio del 1926 dopo due anni di costruzione. Aveva lo scopo di fornire vari servizi per cittadini e viaggiatori: soprattutto bagni pubblici e servizi per la cura del corpo, ma anche agenzia di viaggio, fotografo, lavanderia, servizio di dattilografia e altri.

La chiusura dei locali e la mancanza di aerazione e manutenzione hanno portato ad un estremo degrado dello spazio, che è in parte puntellato. Una parte degli arredi di legno fu venduta alla fine degli anni novanta dagli artigiani, che ritenevano fossero di loro proprietà.

Gli arredi e le decorazioni in stile déco sono particolarmente pregevoli e hanno portato ad un vincolo monumentale da parte del Ministero dei Beni Culturali nel 2005.

La Giunta Moratti aveva affidato il Diurno alla Provincia di Milano, interessata per la vicinanza della sede dell’Assessorato alla Cultura, ma la convenzione non è mai stata firmata e quindi il Comune ne ha ancora il pieno possesso.

Stefano Masi e Pierfrancesco Sacerdoti hanno pubblicato nel 2013 un saggio sul Diurno (Il tempo sepolto. L’Albergo Diurno Metropolitano “Venezia” di Milano tra architettura e arti decorative. Proposte di recupero) in cui sostengono che il progetto dell’interno sia stato redatto dall’architetto Piero Portaluppi. Nel registro delle opere di questo architetto è registrato questo incarico nel dicembre del 1923, poco dopo la firma della convenzione tra il Comune e la Società Anonima Imprese Metropolitane degli ingegneri Troiani, Cavacini e Masini. Nel saggio sono evidenziate numerose somiglianze stilistiche tra l’interno del Diurno e varie opere realizzate da Portaluppi nello stesso periodo.

Il FAI, venuto a conoscenza della pubblicazione, si è interessato al Diurno per un suo possibile restauro e ha deciso di organizzare una presentazione a Villa Necchi Campiglio il 4 febbraio scorso. Sono intervenuti gli autori, l’arch. Piero Castellini, nipote di Portaluppi e vicepresidente della omonima Fondazione, l’assessore ai lavori pubblici del Comune Carmela Rozza, lo storico dell’architettura Luca Molinari e Lucia Borromeo, responsabile dell’Ufficio Cultura e Ricerca del FAI.

La presentazione ha avuto un grande successo: la sala da 150 posti era stracolma e i libretti stampati per l’occasione sono andati esauriti. L'assessore ai lavori pubblici Rozza ha ribadito che i suoi primi obiettivi sono il recupero del Teatro Lirico e del Diurno, che ha conosciuto appena è arrivata a Milano negli anni ottanta (ascolta l'intervento). Si è augurata che il FAI lo voglia adottare, anche se il Comune ha intenzione di lanciare un bando aperto a privati che vogliano utilizzarlo, senza vincoli sulla destinazione d'uso e senza costi di affitto.
Il FAI ha chiesto di poterlo aprire al pubblico per le sue giornate di primavera.
I ricercatori Stefano Masi e Pierfrancesco Sacerdoti hanno illustrato con immagini come si sono svolte le loro ricerche e i motivi che fanno propendere per l'attribuzione della decorazione interne a Piero Portaluppi.

Piero Castellini, che ha una particolare sensibilità verso le opere del nonno, ha dichiarato di essere convinto dall’attribuzione.

Nel pubblico erano presenti i docenti del Politecnico Prusicki e Cislaghi, i consiglieri di zona 3 Mariani e Sacerdoti, la consigliera di zona 1 Grandi, la ex-consigliera di zona 3 Francescato, che dagli anni novanta si è battuta per il recupero del Diurno.

I tecnici del Comune stanno predisponendo il bando secondo i suggerimenti della Soprintendenza. Le parti più significative da conservare sono la zona degli artigiani, la fontana con la statua della dea Igea ed i sei bagni di lusso.

In superficie si dovranno restaurare la pensilina davanti allo Spazio Oberdan e le due colonne che contengono i camini dell’impianto di riscaldamento, mentre la seconda pensilina, che si trovava dove oggi vi sono le scale della metropolitana, sembra sia in un deposito del Comune e potrebbe essere rimontata sul posto. Vanno riaperte le grate di aerazione, tolto l’asfalto sui lucernari di vetrocemento, creata una scala per l’uscita di sicurezza ampliando una stretta scala esistente, installato un ascensore. I venditori di libri e le due edicole presenti dovranno trovare una nuova collocazione.

La destinazione del Diurno sarà definita dalle proposte che arriveranno dagli operatori interessati, a meno che il FAI non decida di adottarlo grazie al contributo di sponsor privati. In passato si era pensato ad una beauty farm, ad un hammam e ad un centro termale. Vi sono all’estero numerosi esempi di adattamento di bagni pubblici a luoghi di ritrovo.

La sua collocazione all’inizio di Corso Buenos Aires gli conferisce una forte vocazione commerciale, anche se è sotterraneo. Negli anni novanta l’architetto Italo Rota, allora assessore alla qualità urbana del Comune, aveva pensato di collegarlo meglio alla stazione Venezia della M1, che dispone di un vasto spazio commerciale inutilizzato.

I lavori non potranno essere terminati in tempo per l’Expo, ma si è proposto di collocare dei pannelli di documentazione relativi alla storia del Diurno sulla piazza soprastante.

Dopo anni di abbandono c’è da sperare che questa sia finalmente l’occasione per la riapertura al pubblico di questo spazio di grande interesse architettonico per la città e per la zona 3.