A teatro e al cinema…a piedi: Nebraska
La fine del sogno americano in bianco e nero con sontuose sfumature di grigio. Un film elegiaco e malinconico, in linea con questi nostri tempi.
(Massimo Cecconi)02/02/2014
(Massimo Cecconi)02/02/2014
Woody Grant (Bruce Dern) è un vecchio malandato, già alcolista, che sta perdendo il senso della realtà. Si convince di aver vinto un fantomatico premio (il classico milione di dollari) e, dal Montana dove vive, le tenta tutte per andare a Lincoln nel Nebraska per riscuotere la vincita.
Dopo alcuni patetici tentativi di fuga a piedi da casa, punzecchiato dalla caustica moglie (June Squibb), trova la solidarietà del figlio minore David (Will Forte) con cui intraprende il viaggio verso il suo sogno. Sulla strada i due vivono piccole avventure (la perdita e il ritrovamento della dentiera, la sutura di una piccola ferita, la timida ripresa di un dialogo che forse non c’è mai stato tra padre e figlio).
Durante il viaggio fanno tappa nel villaggio natale del vecchio dove incontrano parenti e amici di un tempo, con i quali si sviluppa un intreccio di equivoci per via della ipotetica vincita milionaria. Va da sé che anche laggiù i parenti sono serpenti e i vecchi amici non lo sono da meno, attirati come sono più dai presunti danari che dal valore degli affetti e dell’amicizia.
Il vecchio Woody rivide, forse per l’ultima volta, i luoghi della sua infanzia, visita il cimitero in cui sono sepolti da anni i suoi genitori, frequenta i bar della sua gioventù.
Il viaggio si conclude nella rassegnazione di un passato che non può più tornare e di un futuro labile e improbabile. Rimane per Woody, e non è poco, il recupero dell’affetto del figlio.
In un racconto malinconico ma non triste, Woody Grant sembra impersonare il fallimento di una generazione che non ha fatto nulla per migliorare se stessa. I desolanti paesaggi della profonda provincia americana, le cittadine senza storia e i loro abitanti ci riportano a un tempo che sembra si sia fermato nel compiacimento di rabbia e rancore, di noia e isolamento.
Nebraska è una ballata convincente, ben scritta e interpretata, fotografata in un superbo bianco e nero che racconta storie di sconfitta e di redenzione, di disperazione e di speranza. Centro del film è il rapporto ricomposto tra padre e figlio che mitiga il senso diffuso di amaro in bocca.
Sulla strada si incontrano personaggi balordi, storie strane e brandelli di fiduciosa umanità.
Diretto con grazia da Alexander Payne, con attori ben oltre la media, è un film per riflettere sui valori e sui disvalori della vita.
Sia Bruce Dern, straordinario, che June Squibb, godibilissima, sono in corsa per l’Oscar, sarebbe cosa buona e giusta che lo vincessero entrambi.
Nebraska
di Alexander Payne
Usa 2013
con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Stacy Keach
Già in programmazione all’Arcobaleno Filmcenter ora in altri cinema della città
Massimo Cecconi
Dopo alcuni patetici tentativi di fuga a piedi da casa, punzecchiato dalla caustica moglie (June Squibb), trova la solidarietà del figlio minore David (Will Forte) con cui intraprende il viaggio verso il suo sogno. Sulla strada i due vivono piccole avventure (la perdita e il ritrovamento della dentiera, la sutura di una piccola ferita, la timida ripresa di un dialogo che forse non c’è mai stato tra padre e figlio).
Durante il viaggio fanno tappa nel villaggio natale del vecchio dove incontrano parenti e amici di un tempo, con i quali si sviluppa un intreccio di equivoci per via della ipotetica vincita milionaria. Va da sé che anche laggiù i parenti sono serpenti e i vecchi amici non lo sono da meno, attirati come sono più dai presunti danari che dal valore degli affetti e dell’amicizia.
Il vecchio Woody rivide, forse per l’ultima volta, i luoghi della sua infanzia, visita il cimitero in cui sono sepolti da anni i suoi genitori, frequenta i bar della sua gioventù.
Il viaggio si conclude nella rassegnazione di un passato che non può più tornare e di un futuro labile e improbabile. Rimane per Woody, e non è poco, il recupero dell’affetto del figlio.
In un racconto malinconico ma non triste, Woody Grant sembra impersonare il fallimento di una generazione che non ha fatto nulla per migliorare se stessa. I desolanti paesaggi della profonda provincia americana, le cittadine senza storia e i loro abitanti ci riportano a un tempo che sembra si sia fermato nel compiacimento di rabbia e rancore, di noia e isolamento.
Nebraska è una ballata convincente, ben scritta e interpretata, fotografata in un superbo bianco e nero che racconta storie di sconfitta e di redenzione, di disperazione e di speranza. Centro del film è il rapporto ricomposto tra padre e figlio che mitiga il senso diffuso di amaro in bocca.
Sulla strada si incontrano personaggi balordi, storie strane e brandelli di fiduciosa umanità.
Diretto con grazia da Alexander Payne, con attori ben oltre la media, è un film per riflettere sui valori e sui disvalori della vita.
Sia Bruce Dern, straordinario, che June Squibb, godibilissima, sono in corsa per l’Oscar, sarebbe cosa buona e giusta che lo vincessero entrambi.
Nebraska
di Alexander Payne
Usa 2013
con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Stacy Keach
Già in programmazione all’Arcobaleno Filmcenter ora in altri cinema della città
Massimo Cecconi
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