Visita a una casa sequestrata alla 'ndrangheta
La visitiamo in occasione del Secondo festiva dei beni confiscati alla mafia, quest'anno dedicato a Lea Garofalo.
Qualcuno avrà riconosciuto in queste
parole il capovolgimento di quelle usate per un rito 'ndranghetista, quello del Battesimo del Locale, ossia
del luogo di riunione per le loro tristi Società. Noi
le usiamo invece per introdurre il racconto della
visita all'unico Locale sequestrato alle mafie e restituito alla
collettività presente nella nostra zona. Parliamo del grande
appartamento di via Mario Bianco al Casoretto aperto lo scorso fine
settimana, nell'ambito del Secondo festival dei beni confiscati alla
mafia, che quest'anno come è noto è stato dedicato a Lea Garofalo, a quanti volessero toccare con mano un risultato positivo
della lotta a quel cancro che da tempo ha messo radici anche da noi.
Apparteneva ad una famiglia del clan
degli Onorato, ci dicono, quelli che gestivano una quantità
impressionante di estorsioni, e chissà quali altre infamie, a Milano
e in tutta la provincia. Ora però è una casa dove quattro anziani,
persone diverse per storia e condizioni ma tutti in stato di estrema
debolezza, potranno vivere serenamente l'ultima fase della loro vita
in un ambiente famigliare, caldo e protetto dall'attività e dalle
attenzioni di due badanti professioniste. Da dieci anni
l'appartamento, 170 mq circa più una grande taverna sotterranea, era in
stato di abbandono. Perché il processo dalla confisca all'effettiva
utilizzazione dei beni dei mafiosi è lungo e difficile, le risorse a
disposizione della ANBSC (Agenzia Nazionale per l'amministrazione e
la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata, sia l'acronimo che il nome per esteso sembrano
testimoniare la difficoltà del compito) sono scarse e il passaggio
all'effettiva disponibilità di beni imprese e capitali delle mafie
richiede impegno e competenze che non sempre sono disponibili nella
misura necessaria. In questo caso però, come in tanti altri per
fortuna, l'appartamento della bella palazzina anni 30 in mattoncini
rossi è stato finalmente liberato e dal giugno del 2010 è sede
di un progetto - Viva gli anziani! si chiama - della Comunità di
Sant'Egidio, il cui responsabile è Riccardo Mauri, un professore di
greco e latino che ci ha accolto con la giovialità tipica del
volontario cattolico impegnato nel sociale.
Per la verità è arrivato un po' in ritardo il professore e nell'attesa gli onori di casa ha iniziato a farli la signora Luigia, milanese con padre siciliano, 86 anni e ancora in gamba. Ci ha mostrato con un certo orgoglio la sua casa la Luigia, mostrandoci le camere, ordinate, ben arredate, due letti ognuna ben divisi da un pannello, i tre servizi, l'alloggio delle due badanti, il salone dove gli altri tre ospiti stavano guardando la televisione, il grande tavolo della cucina per consumare assieme i pasti dove una delle due badanti, brasiliana, appena aveva finito il suo lavoro.
Un bene liberato dunque, una stamberga
di briganti dove si è fatto pulizia. Forse aleggia ancora qualche
brutto spirito qui dentro, dei tempi in cui la gentaccia che
comodamente ci viveva, per alimentare una grande vasca idromassaggio,
ovviamente abusiva, lasciava senz'acqua altri abitanti del palazzo: si sente
ad esempio nei marmi alle pareti, misera imitazione della villa di
Scarface, lusso pacchiano il modello è sempre quello. Chi ha ristrutturato ha deciso di lasciarli,
quei marmi. Non so se han fatto bene ma certamente, assieme alla
taverna sottostante con la sua doppia uscita utile a dileguarsi in
caso di pericolo e ora magazzino per vestiti e altri beni destinati
ai senza tetto, sono un buon promemoria
di quanto non potrà mai più tornare.
Appena arriva, il bravo prof. Riccardo che di professorale ha proprio poco, si mette a scherzare con la Luigia e poi va a salutare gli altri. Maria, una signora originaria di Caltanissetta, tutta bianca, un dolcissimo sorriso, non si ricorda neppure bene dell'età che ha. Ma ce lo dice il professore: 96. Il signor Piero, tranquillo, quasi serafico, fa qualche storia per prender la pastiglia che gli porge discreta e silenziosa l'altra signora, peruviana, perché dice di averla appena presa, ma poi Riccardo lo convince e beve. L'Enrica, un po' dura d'orecchio, ci vuole spiegare tutta la sua storia ma perde spesso il filo e lo sa bene. Il professor Riccardo con nostra sorpresa a un certo punto le si siede in grembo, pur essendo bello in carne, suscitando le proteste dell'anziana, in milanese: uì tì, ma lassem un po' in pas! E poi si ride.
Seduti al tavolo però si fa serio il professore e spiega: la casa è stata assegnata al Comune dalla ANBSC, ristrutturata da alcuni Enti e Fondazioni (Cariplo, Monte Lombardia, Io Trust) e concessa a titolo gratuito a Sant'Egidio che si incarica della gestione. Ma gli ospiti versano l'80% della pensione e conservano il 20 per le spese personali. Il progetto diventerà economicamente sostenibile a breve coll'arrivo di un altro anziano con cui la casa sarà al completo. Per entrare non c'è una vera e propria graduatoria. Tutti gli ospiti provengono da “emergenze alloggiative” e vengono selezionati secondo il metodo della Comunità, ossia al termine di un percorso di reciproca conoscenza e di riconoscimento delle figure e il ruolo dei responsabili. Sembra che funzioni. “Certo è meglio dell'istituto” conferma la Luigia che ci è stata e non ne ha affatto un buon ricordo "qui non ci manca niente". E anche dei minialloggi è meglio, come quelli della casa comunale di piazzale Dateo, dove è successo perfino, ci racconta Riccardo, che un anziano nel suo ci si fosse barricato perché non accettava le visite degli assistenti sociali. Anzi, non accettava proprio più niente. “Non è che qui non si invecchi”ci sussurra il prof. guardando affettuosamente la signora Enrica mentre lei cercava ancora faticosamente di spiegare qualche cosa “ma almeno non c'è quella che noi chiamiamo l'erosione suicidaria.” Proprio così la chiama, quell'angoscia che spinge così spesso molti anziani alla disperazione.
Sì,
anche qui si invecchia, certo. Ma almeno non stanno reclusi, qua
dentro, i nostri anziani. E sembrano sereni. Vanno anche in vacanza, e ricevono le visite dei
famigliari, sempre, in ogni momento, come a casa. Oggi poi che è festa
arriva pure un gruppo di scout della vicina parrocchia, che ha
collaborato alla sistemazione, per informarsi come stanno. C'è un
po' di confusione oggi nel grande appartamento di via Mario Bianco,
tra il professor Riccardo, noi con la nostra telecamerina e il gruppo
degli scout. Ma l'anno scorso era andata anche peggio alla Luigia, al
Piero, alla bianchissima Maria e anche alla Enrica, per fortuna sua un po' dura d'orecchio:
era venuta addirittura una banda. Tutta intera, con tromba, trombone, sassofoni, fisarmonica e grancassa. A festeggiare la liberazione, a dire a quella
gente, quelli dei marmi alle pareti, tutti in coro: sentite? La
musica sta cambiando. La sentono i vostri santi e profeti maledetti, o sono sordi?
Nei Locali delle
vostre squallide riunioni ora vivono questi nostri anziani. Paura proprio non ce ne fate più.
Adalberto Belfiore