Etico è fashion!

Una fashion week in versione Terre di mezzo.
Esempio di riciclo critico, sostenibile e di gran classe
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so critical so fashion 1
Colori, stoffe, profumi e stile tra tradizione e innovazione. Ecco com’è andata la 4° edizione di “So critical so fashion”, conclusasi domenica scorsa presso Frigoriferi Milanesi in via Piranesi 10.
Mentre le passerelle meneghine ospitavano i noti marchi di haute couture in occasione della blasonata fashion week, l’evento organizzato da Terre di mezzo, ha preso vita per raccontare una moda davvero all’avanguardia, critica, etica e indipendente. Sono questi, infatti, i valori che ogni capo presente racchiudeva in sé.
Proposte varie e originali quelle degli stilisti, designer e artigiani che per tre giorni hanno potuto esporre le proprie collezioni che nulla hanno da invidiare alle creazioni delle grandi griffe. “La moda etica riesce ormai ad unire etica ed estetica all’interno di un capo dall’alto taglio sartoriale”, ha tenuto a sottolineare Elisa Pedretti, responsabile dell’evento. “Il riutilizzo si pensa che sia una cosa povera ma qui vedo tante cose molto belle” ha precisato Fiammetta, giovane stilista, mentre illustrava i sui capi confezionati minuziosamente col riutilizzo di scampoli e abiti in disuso.
La moda etica, poi, prende spunto dal quotidiano. Avete presente le macchie indelebili che lasciano alcuni alimenti? Gli stilisti di Re.rurban hanno deciso di utilizzare i colori di cibo, frutta e verdura per colorare le loro magliette mentre poco lontano, quelle di Altriluoghi profumavano di caffè, cioccolato e spinaci.
L’attenzione ricade anche sulla provenienza e la lavorazione dei tessuti. E’ il caso di Lavgon, piccolo marchio di abiti multiforme che cerca di valorizzare  i poli tessili italiani che producono ancora secondo la tradizione. “Acquistiamo le lane cotte in Alto Adige, da Como ci riforniamo per le sete mentre i lini vengono dalla zona di Varese”, ha raccontato una delle fondatrici.
Sfrutta la sapienza artigianale valicando i confini italiani ma rimanendo rigorosamente in Europa la berlinese Feine Hute, che produce cappelli di varie forme e che attualmente utilizza la juta dei sacchi di caffè per i propri berretti.
La moda etica insomma coniuga tante sensibilità differenti tutte volte ad una maggiore sostenibilità dei propri prodotti, lavoro, questo che richiede tanto studio e ricerca e che può avere costi più elevati delle comuni produzioni. “Oltretutto è anche difficile trovare aziende che facciano prodotti ecosostenibili”, ha spiegato Silvia Massacesi che progetta le sue borsette molto chic in sughero e carta riciclata.
Nonostante le difficoltà prevale comunque la soddisfazione per le proprie creazioni. Il pubblico italiano pare ancora un po’ restio a comprendere ed apprezzare questo nuovo trend alternativo e allo stesso tempo  complementare alla moda tradizionale ma si sa, la capacità di fascinazione della moda può essere imprevedibile, basta la spinta giusta.



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