Lapidazione, Malala e le altre. Violenza dall'Islam

Sentenze giudiziarie come la lapidazione, atti di violenza fisica e psicologica si perpetuano sulle donne arabe, colpevoli di difendere i loro diritti e libertà. ()
lapidazione WEB
Non so se avete mai visto filmati sulla lapidazione.
Donne seppellite fino al petto, o accasciate per terra, spesso ricoperte dai burka vengono uccise dal lancio di pietre da una folla inferocita e violenta. Le riprese sono contrassegnatedalla dicitura: «Attenzione: il video contiene immagini crude e di violenza», ma è molto di più.
Colpisce l'assoluta immobilità della donna, come se fosse già morta prima di essere uccisa, le grida intorno, le pietre lanciate con la forza della violenza, il corpo umano inerme, immobile, sembra quasi finto per l'assenza di qualsiasi reazione finché uno scatto, a volte impercettibile, fa capire che tutto è finito.

Questa è la lapidazione. Non un retaggio del passato ma un rituale di condanna a morte che affonda le sue radici nell'antichità ma presente a tutt'oggi in alcuni stati islamici come Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Somalia, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Afghanistan e Yemen, il cui diritto è strutturato sulla legge coranica. Solo nel 2012 è stato abolito in Iran.
La lapidazione è una punizione che riguarda entrambi i sessi, compresi apostati e omosessuali, ma colpisce specialmente le donne in paesi dove le donne sono già fortemente discriminate.

Ecco quindi Amina, 29 anni, lapidata in Afganistan nel 2007 per adulterio. Oppure Dua Khalil Aswad, 17 anni, giustiziata in Iraq del nord nel 2009 per essersi convertita dallo Yazidismo all'Islam, con lo scopo di sposare un ragazzo mussulmano sunnita. E ancora, Sakineh Mohammadi Ashtiani, 44 anni, condannata in Iran nel 2012 alla lapidazione per adulterio e per l'uccisione del marito commutata poi in impiccagione per le forti sollecitazioni internazionali.
Queste solo alcuni casi di esecuzioni di sentenze giudiziarie venute alla ribalta tramite le agenzie umanitarie internazionali ma, come ha ammesso la stessa Amnesty International, non è possibile averne una documentazione completa.
Se di tutte le esecuzioni, la lapidazione è forse fra i peggiori e ignobili atti di violenza sulle donne, non da meno sono le ricorrenti violenze verso le donne arabe quando emergono come voci di libertà e contro la discriminazione imposta della società islamica.
Malala Yousafzai, la 14 enne pachistana colpita gravemente alla testa da talebani per avere difeso il diritto al l'istruzione femminile, ne rappresenta l'ultimo esempio.

Se la religione, in molti casi, ha un ruolo politico e giuridico nel mondo islamico, il faticoso cammino verso il rispetto delle donne e dei loro diritti deve passare attraverso una forte denuncia, ma anche costruito con un costante lavoro di mediazione politico-culturale fra occidente, Unione Europea e il mondo islamico.
Non aspettiamo l'ennesima violenza per ricordarcelo.

Marzia Frateschi

Foto da “Le donne, sempre le donne”, campagna di sensibilizzazione sociale contro la violenza domestica sulle donne promossa dall’Associazione TP - Pubblicitari Professionisti.



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