Filio dello Spedale
Uno spettacolo che è recupero di memoria storica, ma anche affresco intimo, sincero e profondamente umano della gente delle nostre montagne, dei loro valori, della loro voce dimenticata. A QuartaParete, sabato e domenica 18 e 19 gennaio, ore 21.00.
(a cura della Redazione)15/01/2025

Il prossimo sabato e domenica, a QuartaParete, la compagnia Salz porta in scena il secondo spettacolo della sua trilogia; un lavoro complesso, frutto di uno studio appassionato fatto di ricerca di fonti, raccolte di documenti, analisi di testi, ma anche interviste ai quei vecchi che ancora vivono nei paesini alpini e che ancora hanno tante storie da raccontare.
In "Filio dello Spedale" Ermanno Novali, in scena, e Alice Bignone, autrice e regista, raccontano la storia di Michè, orfano, classe milleottocentonovantotto. E la raccontano in un grammelot affascinante che è un misto di italiano e dialetti montani, dalla sonorità fortemente evocativa.
Michè, come spesso accadeva, viene preso a carico da una famiglia contadina in cambio di quei due soldi che lo stato versava a chi prendesse in casa un orfano, un figlio dell’ospedale. La storia di Michè non è affatto una storia speciale, tutt’altro, è la storia di quasi tutti gli orfani che abbiano avuto in sorte il nascere a ridosso della prima guerra mondiale: la storia di un bambino che impara quale sia il ruolo di un uomo nel mondo.
È un bambino normale, un bambino che piange quando si arrabbia e non vuole dormire da solo, ma tanto basta perché venga chiamato Prugnetta, femminuccia, e non c’è vergogna peggiore di non essere uomo. Michè impara a non piangere, a lavorare, a dar botte invece di intristirsi, ad indurirsi di fronte al mondo come se il mondo fosse sempre pronto a colpirlo. Unica eccezione ad un mondo che lo spinge ad indurirsi è una gatta, la gatta che vive nel fienile, che lui chiama mamma.
Il testo di Filio dello Spedale è innanzitutto un recupero di memoria storica, partendo dal presupposto che, se la storia la fanno i colti, i ricchi ed i vincitori, le storie della gente come Michè sono quelle che non ci sono state raccontate. Le storie dei contadini, degli umili che sono partiti per il fronte a combattere una guerra di cui non sapevano nulla, con il fuoco nemico davanti ed il fuoco amico alle spalle per impedire loro di ritirarsi, sono ancora tristemente ignorate, mentre prosegue indisturbata la propaganda patriottica del Piave che mormorava. Filio dello Spedale è la storia di una generazione mandata a combattere per l’Italia quando a malapena sapeva di essere italiana.
In "Filio dello Spedale" Ermanno Novali, in scena, e Alice Bignone, autrice e regista, raccontano la storia di Michè, orfano, classe milleottocentonovantotto. E la raccontano in un grammelot affascinante che è un misto di italiano e dialetti montani, dalla sonorità fortemente evocativa.
Michè, come spesso accadeva, viene preso a carico da una famiglia contadina in cambio di quei due soldi che lo stato versava a chi prendesse in casa un orfano, un figlio dell’ospedale. La storia di Michè non è affatto una storia speciale, tutt’altro, è la storia di quasi tutti gli orfani che abbiano avuto in sorte il nascere a ridosso della prima guerra mondiale: la storia di un bambino che impara quale sia il ruolo di un uomo nel mondo.
È un bambino normale, un bambino che piange quando si arrabbia e non vuole dormire da solo, ma tanto basta perché venga chiamato Prugnetta, femminuccia, e non c’è vergogna peggiore di non essere uomo. Michè impara a non piangere, a lavorare, a dar botte invece di intristirsi, ad indurirsi di fronte al mondo come se il mondo fosse sempre pronto a colpirlo. Unica eccezione ad un mondo che lo spinge ad indurirsi è una gatta, la gatta che vive nel fienile, che lui chiama mamma.
Il testo di Filio dello Spedale è innanzitutto un recupero di memoria storica, partendo dal presupposto che, se la storia la fanno i colti, i ricchi ed i vincitori, le storie della gente come Michè sono quelle che non ci sono state raccontate. Le storie dei contadini, degli umili che sono partiti per il fronte a combattere una guerra di cui non sapevano nulla, con il fuoco nemico davanti ed il fuoco amico alle spalle per impedire loro di ritirarsi, sono ancora tristemente ignorate, mentre prosegue indisturbata la propaganda patriottica del Piave che mormorava. Filio dello Spedale è la storia di una generazione mandata a combattere per l’Italia quando a malapena sapeva di essere italiana.
A QuartaParete
Stazione Porta Vittoria del Passante Ferroviario
Ingresso da Viale Molise ang. Via Mazzola
sabato e domenica 18 e 19 Gennaio, ore 21:00
prenota qui: quartaparete.atelierteatrale@gmail.com