Novella degli scacchi

Il testo di Stefan Zweig è la nuova proposta di lettura del ciclo “Libri d’autore da riscoprire”. ()
Novella degli scacchi large
“Novella degli scacchi”, riedita dalle case editrici Lindau nel 2022 e House book nel 2023, fu scritta da Stefan Zweig nel 1941. Pochi mesi dopo, nel febbraio 1942, Zweig, insieme alla seconda moglie, si suiciderà nella città di Petropolis, in Brasile, dove si era trasferito, esule dal suo paese, l'Austria, dopo che Hitler ebbe condannato al rogo i suoi libri date le sue origini ebree. Questa premessa è utile per contestualizzare “Novella degli scacchi” che è sia una lucida denuncia delle aberrazioni naziste sia, soprattutto, la definitiva e amara constatazione - visti gli esiti che ebbe per lui - della fine di quel “mondo di ieri”: termine che convenzionalmente definisce quell' universo politico, sociale e culturale coincidente con l'impero asburgico, distrutto dalla prima guerra mondiale, di cui Zweig fu partecipe e di cui diede ampiamente conto nella sua autobiografia “Il mondo di ieri. Ricordi di un Europeo”.

A fronte dell’affermarsi di quel mondo “moderno” di cui il nazismo, ma non solo, era portatore. In questo senso “Novella degli scacchi” è un testo chiaramente metaforico perché la storia e i personaggi incarnano e simboleggiano questi due mondi, i relativi valori, le relative sensibilità, nonché i già evidenti e irreversibili esiti. I due protagonisti del racconto e cioè il supercampione di scacchi Czentovich: “Figlio di uno slavo meridionale, povero in canna, battelliere sul Danubio”, massimamente ottuso in tutto: “incapace di scrivere una frase in nessuna lingua senza errori di ortografia” e di “un’ignoranza parimenti universale”, scopertosi, per caso, talentuoso nel gioco degli scacchi, al punto da diventarne campione mondiale, e il dottor B. avvocato di “antica e stimata famiglia austriaca”, espressione di quella aristocrazia borghese custode dei valori nonché delle finanze della famiglia imperiale, sono infatti due idealtipi rappresentativi di quei due mondi. E lo scontro, tra di essi, che si consumerà per il tramite della scacchiera, sarà lo scontro tra “l’uomo senza qualità” Czentovich, indifferente al mondo così come esso stava diventando e l’esule dottor B. amaramente e fortunosamente in fuga da quel mondo la cui crudeltà e insensatezza aveva già toccato e pagato di persona. E, seguendo sempre il filo delle metafore, come non vedere quindi in Czentovich quel nulla alienato e alienante che presiederà non solo all’obnubilamento di massa del nazismo ma che indurrà, sin da allora, l’affermarsi di tutta una serie di nuovi “valori”. Quali l’individualismo: Czentovich è infatti egocentrico e supponente con quei suoi avversari scacchisti dilettanti - con lui sulla nave da New York a Buenos Aires, in cui è ambientato il racconto - contro i quali gioca da solo contro tutti loro insieme. Così come il valore del danaro: Czentovich gioca solo a tariffa: 250 dollari a partita. O come quello della perdita di valore per qualsiasi attenzione verso il bello sia in senso umano che estetico: Czentovich non ha infatti alcun interesse e slancio al di fuori degli scacchi, da cui lo specialismo di Czentovich.

Quello specialismo che nella modernità si affermerà per il tramite della tecnologia a scapito delle visioni generali proprie della cultura umanistica. E Zweig, dipingendo così crudamente Czentovich, esprime non solo tutta la sua avversione verso il personaggio, ma anche verso ciò che esso rappresenta e verso gli scenari futuri che già gli si prefiguravano. Per contro il dottor B., il contraltare di Czentovich per ciò che riguarda sensibilità, intelligenza, cultura, quindi l’antitesi del nulla di Czentovich, sarà per paradosso ridotto letteralmente in cattività in un nulla materiale e fisico costituito dalla prigione-albergo nazista in cui era stato rinchiuso, prima di imbarcarsi anche lui su quella nave. Ma, in questo nulla, il dottor B. metterà rocambolescamente a profitto quel mix di sensibilità, intelligenza e cultura, facendo diventare un manuale di scacchi, trafugato “miracolosamente” durante uno degli interrogatori a cui era stato sottoposto, strumento di sopravvivenza nel nulla del suo isolamento. Attraverso quel manuale egli riattiverà infatti la sua mente creandosi una scacchiera mentale. E, dopo aver imparato a memoria tutti gli incontri, ne inventerà di nuovi. In breve la sua diverrà un'ossessione incontrollata: l'intera giornata non era altro che uno spasmodico calcolo di tutte le possibili combinazioni che potevano essere escogitate. Ma, a forza di giocare con la sua stessa mente, in uno sdoppiamento che lo porterà specularmente a creare in sé due giocatori contrapposti, il dottor B. sfocerà, in quella prigione-albergo in cui era recluso, in una forma di follia che lo segnerà per sempre. In quanto, allorquando si troverà, su quella nave, di fronte ad una scacchiera, pur mantenendo una “mostruosa” capacità di elaborazione di mosse e contromosse pressochè infinite, che stordiranno anche Czentovich, egli manifesterà una serie di reazioni compulsive ed aggressive, sintomi di una vera e propria dipendenza, che lo obbligherano a desistere dal gioco, pur evidenziando un’assoluta superiorità rispetto a Czentovich.

Quella sua creatività divenuta folle però lo aveva salvato giacchè, proprio per i sintomi della sua follia, era stato trasferito dalla prigione-albergo in ospedale e lì aveva trovato un medico compiacente che ne aveva favorito il rilascio e la partenza, la quale si era concretizzata con l’imbarco su quella nave per Buenos Aires teatro del racconto e della partita con Czentovich. Ma pur risultando alla fine il dottor B. inesorabilmente perdente, non solo contro Czentovich ma sia rispetto ai destini del mondo che rispetto ad un passato ormai inesorabilmente perduto che Zweig, in cuor suo, malinconicamente vagheggiava, tuttavia il dottor B. e insieme a lui Zweig ci lasciano un messaggio importante. E cioè che laddove ci sono sensibilità, intelligenza e cultura è più facile che un uomo possa sopravvivere e salvarsi, per quanto possa risultare sconfitto e perdente.

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