Parthenope
Parthenope è Napoli e viceversa. Un inno tra odio e amore a una città da sempre inclassificabile e ingiudicabile.
(Massimo Cecconi)08/11/2024
Premessa: “Parthenope” è un film che fa discutere e ciò è pur sempre buona cosa. Bisogna però interrogarsi se, in questo caso, la discussione possa portare a un qualsiasi risultato. E qui la risposta è quanto meno ardua.
Anno di grazia 1950. Parthenope nasce dalle acque del mare della città di cui prenderà il nome in una identificazione assoluta che è il teorema sostanziale del film.
Il racconto l’accompagna nei primi trent’anni della sua spregiudicata vita nella quale viene a contatto intimo con tutti gli stereotipi della sua città natale. Nulla viene risparmiato allo spettatore: dalla ricchezza più ostentata alla miseria più nera dei bassi e delle persone che li vivono, dalla camorra al colera, dal sangue di san Gennaro alla lussuria più sfrenata.
Quasi inutile ripeterne la trama, gli episodi si susseguono con una voracità eccessiva e invadente in cui, qua e là, trova spazio la mestizia della fragilità umana e la depressione di una città che vorrebbe essere anche quello che non è e che non può essere.
Si alternano le meraviglie della costa e delle isole, con l’intensa attrazione della profondità del mare, e le miserie della vita quotidiana a cui nessuno, o quasi, può sfuggire.
Parthenope naviga in questo mare magnum forse alla ricerca della sua identità con la sfrontatezza della sua bellezza che la rende quasi invulnerabile, anche se i segni della vita resteranno profondi anche in lei.
Per ben 136 minuti scorre un fiume in piena, eccessivo e, a tratti, irritante; estetizzante e, a modo suo, filosofico; iperbolico persino nella rivelazione della sconvolgente natura di un figlio attraverso cui far intercettare tutte le contraddizioni di una città/mondo, compiaciuta, malinconica, disfatta e mirabolante.
Sui titoli di coda, per non farci mancare nulla, esplode la gioia dei tifosi napoletani per la conquista dell’ultimo scudetto.
Parthenope giovane è interpretata con grazia sfacciata da Celeste Dalla Porta, mentre in età adulta entra in scena Stefania Sandrelli. Sontuoso il cast con un indimenticabile Silvio Orlando e un alcolico Gary Oldman. Tra le altre e gli altri: Luisa Ranieri, Isabella Ferrari e Peppe Lanzetta che disegna la figura di un terrificante cardinale.
Dirige Paolo Sorrentino che, ancora una volta, divide il pubblico e la critica. E questa dev’essere la sua missione di vita in questa temperie.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center
Anno di grazia 1950. Parthenope nasce dalle acque del mare della città di cui prenderà il nome in una identificazione assoluta che è il teorema sostanziale del film.
Il racconto l’accompagna nei primi trent’anni della sua spregiudicata vita nella quale viene a contatto intimo con tutti gli stereotipi della sua città natale. Nulla viene risparmiato allo spettatore: dalla ricchezza più ostentata alla miseria più nera dei bassi e delle persone che li vivono, dalla camorra al colera, dal sangue di san Gennaro alla lussuria più sfrenata.
Quasi inutile ripeterne la trama, gli episodi si susseguono con una voracità eccessiva e invadente in cui, qua e là, trova spazio la mestizia della fragilità umana e la depressione di una città che vorrebbe essere anche quello che non è e che non può essere.
Si alternano le meraviglie della costa e delle isole, con l’intensa attrazione della profondità del mare, e le miserie della vita quotidiana a cui nessuno, o quasi, può sfuggire.
Parthenope naviga in questo mare magnum forse alla ricerca della sua identità con la sfrontatezza della sua bellezza che la rende quasi invulnerabile, anche se i segni della vita resteranno profondi anche in lei.
Per ben 136 minuti scorre un fiume in piena, eccessivo e, a tratti, irritante; estetizzante e, a modo suo, filosofico; iperbolico persino nella rivelazione della sconvolgente natura di un figlio attraverso cui far intercettare tutte le contraddizioni di una città/mondo, compiaciuta, malinconica, disfatta e mirabolante.
Sui titoli di coda, per non farci mancare nulla, esplode la gioia dei tifosi napoletani per la conquista dell’ultimo scudetto.
Parthenope giovane è interpretata con grazia sfacciata da Celeste Dalla Porta, mentre in età adulta entra in scena Stefania Sandrelli. Sontuoso il cast con un indimenticabile Silvio Orlando e un alcolico Gary Oldman. Tra le altre e gli altri: Luisa Ranieri, Isabella Ferrari e Peppe Lanzetta che disegna la figura di un terrificante cardinale.
Dirige Paolo Sorrentino che, ancora una volta, divide il pubblico e la critica. E questa dev’essere la sua missione di vita in questa temperie.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center