L’innocenza
Father and Son (2013), Little Sister (2015), Ritratto di famiglia con tempesta (2016) e Un affare di famiglia (2018), giusto per citarne alcuni, hanno raccontato la società giapponese contemporanea meglio di molti saggi accademici.
La sua attenzione per i valori e per gli aspetti morali della vita sono profondi e partecipati.
Kore’eda non si smentisce neppure con la sua ultima opera, realizzata nuovamente in Giappone dopo una parentesi coreana.
L’innocenza (The Monster, il titolo originale) scava nelle psicologie di un microcosmo che ruota attorno alle vicende di una tribolata esperienza educativa.
Il piccolo Minato, orfano di padre, vive un rapporto contraddittorio con la madre Saori e conflittuale con la scuola che frequenta. Entra in rotta di collisione con il suo maestro Hori e osserva disorientato le spavalderie dei suoi compagni che si manifestano soprattutto nei confronti di un compagno di scuola, Eri, che affronta con ambiguità la sua sospettata diversità.
In un contesto scolastico dove la formalità assume valori massimi, si consuma anche lo strazio di una preside che deve elaborare con fatica immensa un recente lutto.
Ma, Rashomon (Akira Kurosawa, 1950) docet, tutto ciò che appare non sempre ha il valore della verità. Attraverso flash back narrativi, la stessa vicenda viene vista con gli occhi di quattro persone diverse (Minato, la madre, il maestro e la preside) per fornire una lettura che forse solo apparentemente può ritenersi definitiva.
Al termine di un gioco che può rivelarsi estremo e pernicioso, Minato ed Eri si cimentano in una corsa liberatoria che li riporta e li riproietta nell’innocenza della loro giovane età.
Opera intensa e sfaccettata, L’innocenza predilige una narrazione lenta, attenta ai particolari, scandita dalla quotidianità dello studio, del gioco e del lavoro, cogliendo le ansie degli adulti che si riflettono immancabilmente sui più giovani che, a loro volta, sono alla ricerca di un’identità e di una collocazione negli ambiti sociali.
Si intrecciano così valori assoluti e aneliti parziali, in una scansione di ritmi personali a volte esasperati, a volte contemplativi.
E, in fondo, dove stia la verità poco importa.
Il film è dedicato a Ryuichi Sakamoto qui impegnato nell’ultima colonna sonora della sua vita.
In programmazione al Cinema Palestrina