"Il costo di una buona educazione"

Il 5 ottobre, all’auditorium Stefano Cerri, a conclusione della HumanWeek, andrà in scena questo spettacolo di teatro civile, coraggioso e toccante. È la storia di Alice Miller, psicologa che ha indagato le origini della violenza. Cristina Origlia, autrice del testo drammaturgico, ci racconta perché ha scelto di scriverne. ()
disegno Alice
L'ho incontrata per caso, se così si può dire.
Un dono inaspettato, apparso in un pomeriggio d'autunno, per mano di una di quelle persone che non hanno bisogno di parole per indovinarci.
La copertina de “Il dramma del bambino dotato e la ricerca di sé” di Alice Miller mi guardava attraverso la riproduzione di uno di quei suoi quadri carichi di colore e di pathos. Non sapevo ancora cosa avrebbe scatenato in me, ma ho avvertito un brivido, preludio di un'epifania.

Non ero certo nuova a letture introspettive, che fossero letteratura o saggistica, e neppure a diverse forme di investigazione della conoscenza di sé, tese alla liberazione dai condizionamenti familiari e culturali per trovare una piena auto-realizzazione. Ma Alice Miller mi ha folgorata per la profondità e l'ampiezza del suo pensiero, corroborato dall'evidenza empirica. Un aspetto, questo, che ho ritrovato nella modalità' di procedere di molte donne, che hanno contribuito all'evoluzione della conoscenza dell'umanità in diversi settori. Non si chiudono nelle accademie a sviluppare teorie avulse dalla realtà, si immergono piuttosto nel “fango” della vita, assumendosi il rischio di non trovare riscontro alle loro intuizioni.

E poi, di questa piccola donna di origine ebrea, scampata per un soffio allo sterminio nazista, mi ha colpito il coraggio di credere così tanto nella sua teoria, da andare contro il pensiero dominate incarnato dal “verbo” maschile, che nel suo campo si chiamava Sigmund Freud. Ma, come lei stessa scrive, “siamo tutti figli del nostro tempo”. Pure i giganti e dobbiamo tenerne conto se vogliamo avanzare nella ricerca della “verità”. Ho divorato quel primo libro e poi tutti gli altri che sono riuscita a procurarmi, sottolineando parole, appuntando pensieri, prefigurando ciò a cui non avevo ancora osato pensare.

Poi, all'improvviso, un'epifania.
Da tempo cullavo il sogno di scrivere una drammaturgia, sperimentare una forma di scrittura più libera di quella giornalistica, dare vita alle parole attraverso un linguaggio diverso. Erano stati gli spettacoli di teatro civile di Laura Curino, su figure storiche come Camillo Olivetti o i grandi designer milanesi, ad accendere il desiderio e ad alimentare l'idea che - certo - avrei potuto farlo.
Era arrivato il momento di osare, di autorizzarmi, spinta dall'assoluta convinzione che il pensiero rivoluzionario di Alice Miller sull'origine della violenza nell'essere umano dovesse essere diffuso.
È stata questa forte motivazione a spingermi su un terreno sconosciuto, sia nella sostanza del contenuto sia nella forma della scrittura.
Il metodo ce l'avevo, per il resto, mi sono affidata a ciò che sentivo vibrare dentro di me. Ho studiato, verificato, confrontato, selezionato sino dare forma a un racconto che portasse lo spettatore dentro la sua vita segnata da un doloroso risveglio personale, animata dalla determinazione di trovare risposte per i suoi pazienti, mossa dalla passione per la conoscenza.

La sua ricerca spazia nella storia, nella biografia di dittatori, artisti e intellettuali, nello studio di migliaia di casi analitici nella sua attività di psicoanalista, sino a giungere all'elaborazione di una teoria - e una terapia - dirompente.
L' indagine sulle ferite dell'anima, spesso inflitte - a fin di bene - a bambini indifesi da persone care o di riferimento, come gli insegnanti, sono forse le più illuminanti. Ad esempio, quando si riferisce a quella “buona educazione” volta ad annichilare l'esuberanza gioiosa o la fiducia incondizionata verso la vita, di cui i più piccoli sono spesso dotati, senza rendersi conto di provocare danni incalcolabili.

Oggi le neuroscienze hanno dimostrato che 1 solo incoraggiamento è più efficace di 89 rimproveri, eppure non sembra che la scuola, il sistema penale o quello penitenziario abbiano fatto alcun avanzamento. La nostra società è ancora troppo basata sulla punizione per reprimere comportamenti considerati non adeguati al contesto e alle regole di convivenza, nella convinzione che solo così la persona possa migliorare, senza indagare le profonde motivazioni di quei comportamenti. È una modalità utile a mantenere il controllo attraverso la punizione, spesso mascherata da buone intenzioni, che non fa emergere il meglio dell’uomo, piuttosto alimenta la sua parte più limbica, primitiva.

La realtà ci dice che usare la violenza - in qualsiasi forma - per reprimere la violenza è un sicuro insuccesso. E, allora, mi domando cosa ci impedisca di compiere un passo evolutivo verso una società basata sul rispetto e sulla comprensione reale dei bisogni dell’essere umano, a partire dai primi anni di età.
Questo mi ha insegnato Alice Miller, ad alzare lo sguardo, a vedere la propria storia personale intrecciata a quella di quel corpo collettivo e interconnesso, che è la storia dell'umanità, con tutti i suoi limiti e i suoi tentativi di progresso.

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