Uno storico che ama la musica di Frank Zappa
Marco Fraquelli, che vive nel Municipio 3, ha pubblicato un libro dedicato ai musicisti che hanno suonato col geniale chitarrista.
(Marco Piccardi)17/09/2024Nato a Milano nel 1957, aveva quattordici anni Marco Fraquelli quando, girando tra le bancarelle della Fiera di Senigallia, venne attratto dalla copertina dell’album 200 Motels di Frank Zappa, che subito acquistò. Messo il disco sul piatto del giradischi fu amore immediato per la musica al tempo complessa e stravagante del chitarrista/compositore americano di origini italiane. Da allora l’ha sempre seguito, acquistando tutti i suoi dischi (anche quelli usciti postumi) e leggendo tutti i libri scritti su di lui. Però il percorso di studi (laurea in Storia delle Dottrine Politiche alla Statale con Giorgio Galli) hanno portato Fraquelli a pubblicare vari saggi, alcuni dei quali sulla storia della Destra internazionale durante e dopo il Fascismo.
Ma in tempi recenti la sua passione per Zappa si è concretizzata con la pubblicazione del libro A nessuno frega un cazzo se siamo grandi musicisti-Tutti gli uomini e le donne di Frank Zappa, (Arcana Edizioni), un omaggio a tutti i musicisti che hanno collaborato con lui in circa trent’anni di attività, attraverso schede in ordine alfabetico, spesso corredate da gustosi aneddoti.
Attraverso questi ritratti, Fraquelli ci aiuta a conoscere meglio lo stesso Frank Zappa, con la sua complessa personalità.
MF – Su Zappa sono state scritte biografie molto approfondite ed analisi dei suoi brani. E poi c’è la sua autobiografia. Io volevo fare una cosa un po’ diversa: raccontare dei suoi collaboratori, privilegiando chi era salito sul palco con lui almeno tre volte. Questo è il criterio che mi son dato, ma con qualche eccezione illustre, tra cui quelle di chi ha diretto le sue composizioni orchestrali, come Pierre Boulez, Kent Nagano e Peter Rundel. Poi il nostro Fabio Treves, il Puma di Lambrate, che nel 1988 ha suonato un brano dal vivo con Zappa due volte, a Milano e a Genova. Tra gli altri incontri più o meno occasionali di Zappa, quello con John Lennon e Yoko Ono nel 1971 sul palco del Fillmore East di New York.
Nel libro si parla anche di Jack Bruce, che ha registrato con Zappa il brano Apostrophe’ e di Sting che, in un concerto di Zappa, cantò un brano dei Police. E infine di Van Morrison, che cantò il brano di Zappa Dead Girls of London, mai uscito nella discografia ufficiale zappiana per questioni di diritti discografici.
MF – Sì, ne parlo nella scheda del violinista Shankar, a cui in seguito Zappa produsse un album in cui dove è stata inclusa una versione del pezzo, senza però Morrison. Tra le collaborazioni occasionali va citata anche quella con i Pink Floyd, in un Festival in Belgio, nel 1968: Zappa suonò la chitarra in un brano del loro set. La cosa è documentata da riprese video che si possono vedere su You Tube.
Dal libro emerge uno Zappa dotato di un grande senso dell’umorismo ma molto pignolo sul lavoro con i suoi musicisti. Non doveva essere facile rapportarsi con lui e lo dimostra il continuo avvicendarsi dei collaboratori nei suoi gruppi. Per tutta la sua carriera ha continuato a cercare i musicisti perfetti per eseguire la sua musica. Non a caso ha intitolato un album tratto dal suo ultimo tour, del 1988, The Best Band You Never Heard in Your Life. Ma in realtà Zappa ha avuto collaboratori validissimi fin dagli anni Sessanta e Settanta.
MF – Vero. E in quegli anni fondamentali per Zappa sono stati Ian Underwood, sassofonista-tastierista, e la allora sua moglie Ruth Underwood, che suonava vibrafono, xilofono e marimba. Poi sono stati sempre importanti i tastieristi: Don Preston, George Duke e, in seguito Tommy Mars, Robert Martin e Allan Zavod.
Molti di questi musicisti, pur ottimi e preparati professionisti, spesso si ricordano soprattutto per quello che hanno fatto con Zappa. Vale anche per un affermato violinista jazz come Jean Luc Ponty,
MF – Uniche eccezioni sono forse Steve Vai e Adrian Belew, due ottimi chitarristi che hanno avuto successo sia a proprio nome sia, come nel caso di Belew, con altri gruppi come i Talking Heads e i King Crimson. E poi Captain Beefheart, il cui vero nome era Don Van Vliet: i due si conoscevano dall’adolescenza ma Beefheart, al contrario di Zappa, era un musicista istintivo, creativo ma caotico. Zappa nel 1969 produsse il suo album Trout Mask Replica, mettendo un po’ d’ordine a quelle idee pur salvaguardandone la genuinità: è tuttora considerato il capolavoro di Beefheart. Nello stesso anno Zappa lo chiamò per cantare sull’album Hot Rats e poi nel 1975 per condividere un tour da cui venne tratto l’album Bongo Fury.
I testi di Zappa, pur se a sfondo umoristico, erano molto espliciti riguardo al sesso, e venne accusato di volgarità e pornografia.
MF – In realtà lui si proponeva di fare satira sull’ipocrisia puritana dell’America bempensante e sulle canzoni d’amore commerciali. Sul sesso qualche volta ha forse esagerato, ma ha difeso i suoi testi anche in tribunale in nome della libertà di espressione. Comunque a Zappa interessava fare prevalentemente musica e scriveva canzoni soprattutto perché costretto dal mercato discografico e dalla programmazione delle radio.
Fraquelli abita nel Municipio 3, vicinissimo a Piazzale Piola. Non è questa però la zona in cui è cresciuto…
MF – In realtà vivo qui da poco più di due anni. Ho scelto di trasferirmi in questa zona perché è molto bella. Mi è sempre piaciuta, anche se è un po’ cara. Io sono nato e cresciuto dalle parti di Piazzale Martini. In seguito ho abitato per circa dieci anni nel quartiere tra Piazza della Repubblica e la Stazione Centrale, ma lì c’è una movida decisamente fastidiosa. Non avevo pace fino alle tre di notte. Questa invece è una zona tranquilla, ben servita dai mezzi. Essendo a due passi da Città studi c’è una simpatica presenza di giovani studenti, ma solo diurna. Ci sono due teatri molto vicini: il Leonardo e il No’hma. Io faccio delle belle passeggiate: non mancano nè il verde né i negozi né i mercati comunali. Molto efficiente per i servizi burocratici al Municipio di Via Sansovino.
Un suggerimento per gli amministratori?
MF – Via Pacini è stata migliorata, escludendo le auto dalla parte centrale e mettendo panchine, valorizzando il verde. Però questo un po’ a singhiozzo, un pezzo sì e uno no. Perché non completare l’intervento su tutta la via?
Se siete interessati a questo libro su Frank Zappa, a questo link trovate una versione più estesa dell’intervista all’autore: https://www.foglieviaggi.com/_/pagine/unabuonaterra/articoli/ubt_art_150_zappa_12_09_2024.html