I dannati

Un manipolo di uomini sperduti nel lontano Ovest alla ricerca di se stessi nel nulla della loro esistenza. Meditativo. ()
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Minervini lo abbiamo conosciuto come documentarista ma è una classificazione riduttiva e straniante perché gira documentari che sembrano fiction e viceversa. Nel caso di I dannati l’epoca in cui si svolge non può porre dubbi: è il 1862 e il cinema non è ancora stato inventato.
Negli Stati Uniti è in corso la guerra civile e l’esercito invia un manipolo di uomini a perlustrare e presidiare le terre di confine non ancora mappate dell’Ovest. Non sono soldati di mestiere, sono solo uomini e giovani che avrebbero altro da fare, altre vite, ma che assecondano il dovere civile di servire il proprio paese senza porsi troppe domande. Avanzano quasi sperduti in territori sconosciuti, sferzati da un freddo inverno e dall’incertezza. Anche lo spettatore coglie un senso di smarrimento, come se quella missione non abbia una logica: sono uomini in divisa, sono armati, qualcosa deve succedere. Avranno una meta?

Avanzano lentamente, si accampano, parlano delle armi ma pregano e giocano a carte. Qualcuno mostra quelle pietre che potrebbero contenere l’oro, quello che negli stessi anni ha scatenato la Grande Corsa all’oro e la conquista dei territori dei nativi. Vivono una quotidianità incerta come la missione raccontandosi con scarni dialoghi.
All’improvviso gli spari, la battaglia, un nemico invisibile che non ha volti né corpi, solo i lampi dei fucili. La compagine si riduce tra perdite e divisioni. Poi tutto finisce, senza una spiegazione e gli uomini, inquadrati quasi sempre di spalle, tornano a camminare in un’attesa forse senza fine.
Minervini lavorando in sottrazione lascia il segno. Qual è il senso della guerra, delle guerre, di tutte quelle che ci circondano, delle quali non riusciamo a capire il perché. Che cosa vale così tante vite e distruzione?

All’inizio del film un branco di lupi toglie peli e pelle a un cervo ormai morto per poi sbranarlo, ma quelli sono lupi e quella la loro sopravvivenza. L’uomo si serve della stessa ferocia ma senza un senso.
Presentato all’ultimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard (premio per la miglior regia a Roberto Minervini) vede nel cast anche tre degli interpreti del suo precedente film Stop the Pounding Heart (Ferma il tuo cuore in affanno) i Carlson padre e due figli fanatici religiosi dediti alle capre e alle armi.
Rarefatto.


In programmazione al Cinema Palestrina

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