Alla Fondazione Mudima la mostra “HOMAGE. Cultural Migrations” di Sam Havadtoy

Una rilettura originale delle opere di undici artisti migranti, tra cui Picasso, Wharol, Chagall, Mondrian e Rothko. ()
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La Fondazione Mudima di Via Tadino ospita, per la terza volta, una personale dell’artista di origine ungherese Sam Havadtoy. La mostra HOMAGE. Cultural Migrations, aperta fino al 9 aprile, presenta opere recenti di uno degli artisti più interessanti e originali della scena internazionale. Curata da Gino Di Maggio, fondatore e presidente della Fondazione Mudima, la mostra è stata ospitata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest lo scorso anno.

Sam Havadtoy è nato nel 1952 a Londra da una famiglia ungherese momentaneamente emigrata in Inghilterra e con la quale rientrò in Ungheria nel 1956. In seguito, non gli fu più permesso di ritornare in Inghilterra e nel 1972 emigrò negli Stati Uniti. A New York nel 1978 fondò la Sam Havadtoy Gallery and Interior Design Studio e divenne amico di Yoko Ono, John Lennon, David Bowie, Andy Warhol, Keith Haring e numerosi altri artisti. Nel 1992 aprì la Galéria 56 a Budapest, dove espose lavori di Haring e Warhol, ma anche di Robert Mapplethorpe, dell’artista ungherese László Moholy-Nagy e di molti altri. Nel 2000 Havadtoy è tornato a vivere in Ungheria, a Budapest e a Szentendre, ma abitando spesso anche in Italia, a Milano.

Quella di Havadtoy è quindi una vita caratterizzata dalle migrazioni, tema che l’artista approfondisce in questa mostra attraverso la rivisitazione di undici opere di artisti del secolo scorso, tutti migranti: Mark Rothko, Andy Warhol, Alexej von Jawlensky, Max Ernst, Victor Vasarely, Piet Mondrian, Marc Chagall, László Moholy-Nagy, Max Beckmann, Pablo Picasso, Tamara de Lempicka. Di ciascuno di loro Havadtoy sceglie un quadro e ne ricrea due copie fedeli, realizzate però con il proprio stile inconfondibile, caratterizzato da infiniti punti. Alcuni popoli dell’Est coprono le salme poste nella bara, permettendo solo di intravvedere. Nelle sue opere, Havadtoy incolla frammenti di pizzo sulle sue tele e, strato dopo strato, li ricopre di colore, creando un gioco di vuoto e pieno che svela l’opera e al contempo la nasconde. Inoltre, la prima delle due “copie” permette di vedere interamente il quadro, mentre davanti alla seconda l’artista colloca una quinta scorrevole, muovendo la quale il visitatore può scoprire l’immagine o coprirla, del tutto o in parte, suggerendo così che chiudere vuol dire ignorare il problema, non guardare in faccia la realtà.

Completano la mostra un autoritratto diHavadtoy da ragazzo e una scultura dipinta raffigurante il Pippo di Walt Disney vestito da cameriere, professione spesso provvisoriamente svolta dagli artisti immigrati in America per garantirsi la sopravvivenza.

Storicamente, nel campo dell’arte le migrazioni culturali hanno sempre prodotto contaminazioni profonde e grandi cambiamenti culturali. Nel libro/catalogo in lingua inglese, collegato alla mostra, Havadtoy racconta le undici opere che ha riletto, con riferimenti alla biografia degli undici autori, al loro nomadismo fisico e culturale. E affida a ciascuno di loro un ruolo in un’immaginaria squadra di calcio: Chagall portiere, Rothko terzino sinistro, Picasso centrocampista, Ernst mezzala destra, Mondrian esterno sinistro, Wharol centravanti, ecc.

Nella sua presentazione Gino Di Maggio scrive: “Credo che le opere ricreate da Sam Havadtoy abbiano l’ambizione di contenere non solo un suo omaggio personale agli artisti scelti e sicuramente da lui molto amati, ma anche una riflessione più complessa sul linguaggio pittorico, sul suo nomadismo e sulle conseguenze di una contaminazione, oggi universale, che chiama in causa tutto il nostro comune sentire dell’arte. (…) Una pittura, la sua, libera, leggera, colorata e bella, che semplicemente trasmette felicità a uno sguardo.”

La mostra, ad ingresso libero, è aperta dal lunedì al venerdì (11.00-13.00 e 14.00-17.30). Chiusa il sabato e la domenica. Per info: www.mudima.net



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