Rapito

Esemplare trasposizione di un episodio di sopraffazione ai tempi del potere temporale dei Papi. Contro ogni intolleranza religiosa e civile. ()
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Bologna, Stato Pontificio, anno 1858. La tranquillità della numerosa famiglia Mortara di ebrei abbienti è devastata da un ordine dell’autorità papale che le impone di consegnare il piccolo figliolo Edgardo che, all’insaputa dei suoi genitori, è stato battezzato in culla da una cameriera di casa, sgomenta del fatto che, in caso di morte, l’anima del bambino non avrebbe potuto guadagnare il paradiso.
La reazione della famiglia si esaurisce di fronte alla perentorietà di un prete inquisitore che sostiene l’impossibilità che un fanciullo battezzato possa essere allevato ed educato in una famiglia ebrea.
Inizia così il viaggio di distacco del piccolo Edgardo dalla sua famiglia d’origine e dalla sua cultura per approdare in un collegio romano dove verrà allevato secondo i dogmi di Santa Romana Chiesa, sotto l’ala protettiva dello stesso pontefice Pio IX, il marchigiano Papa Mastai-Ferretti, tenacemente legato al potere temporale. Contro le proteste nei confronti del sopruso, che si sollevano in gran parte del mondo civile, il Papa oppone il suo perentorio: ”Non possumus”.
Siamo alle soglie delle guerre Risorgimentali. Già alla fine del 1859 a Bologna finirà il potere papale. Malgrado ciò, la denuncia della famiglia Mortara nei confronti del sacerdote inquisitore non troverà comunque soddisfazione. Edgardo non solo non abbandonerà la sua nuova famiglia cattolica ma, divenuto sacerdote lui stesso, tenterà persino di battezzare la madre, sul letto di morte.
Una didascalia finale ci avvisa che il prete morirà vecchissimo in Belgio, giusto poco prima che i nazisti invadessero quel paese.
Sulla base del libro “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, Marco Bellocchio racconta una storia a suo modo esemplare sull’intolleranza e sul fanatismo religioso che, ancora una volta, vede gli ebrei perseguitati e vilipesi nel nome del dio cattolico.
Una ricostruzione storica rispettosa e documentata che culmina nel tratteggio della tragica figura di Pio IX, sospeso involontariamente tra il bene e il male, senza averne sensibilità o giudizio.
Serve anche ricordare che nel 2000 questo discusso Papa, lo stesso che subì l’ “oltraggio” di Porta Pia, venne beatificato da Giovanni Paolo II.
Il film contrappone altresì ritualità cattolica e giudaica, deliri e incubi, intolleranza e plagio, in una narrazione ricca di sfumature, attenta alle psicologie dei personaggi e al clima storico.
Del resto il tema della religiosità è spesso presente nelle opere di Bellocchio ed è esplicita quanto meno nei film “Nel nome del padre” (1972) e “L’ora di religione” (2002).
In “Rapito”, regia a tratti eccessivamente didascalica, un ottimo cast rende avvincente una vicenda oscura e maledetta, piena di contraddizioni e di oscuri presagi. Ottimo il Pio IX di Paolo Pierobon, eccellenti nei loro ruoli Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi (i genitori del piccolo Edgardo), Fabrizio Gifuni (l’inquisitore), Filippo Timi (il cardinale Giacomo Antonelli), Leonardo Maltese (Edgardo adulto), Paolo Calabresi (rabbino romano) e Renato Sarti (Rettore della Casa dei catecumeni).
Straordinario per naturalezza il piccolo Enea Sala (Edgardo da bambino).
Una torbida vicenda sulla quale ancora oggi è opportuno riflettere.

In programmazione al Cinema Palestrina e all’Arcobaleno Film Center

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