Gianni Colombo "A Space Odyssey" a Fondazione Marconi

Sino al 17 luglio in via Tadino una importante mostra retrospettiva dedicata a uno dei maggiori esponenti internazionali dell’arte cinetica e ambientale. ()
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Odissea nello spazio, ma anche nel tempo, perché le opere esposte raccontano trent’anni del percorso di Gianni Colombo e al tempo stesso i momenti più significativi di un modo nuovo di concepire il fare artistico nato a Milano alla fine degli anni ‘50. È l’arte cinetica e programmata che, superando il concetto tradizionale della rappresentazione artistica, attraverso esperimenti percettivi e ambienti interattivi, coinvolge il fruitore destabilizzando le sue certezze spazio- temporali.

Il curatore Marco Scotini traccia, nella vasta produzione dell’artista un percorso che focalizza la relazione tra spazio e corpo al centro della sua ricerca. Sembra più che una coincidenza, come rileva Scotini, che la relazione tra il corpo umano e lo spazio in cui si muove, la precarietà delle sue coordinate, presenti nel 1970 in tre sorprendenti opere di Colombo dal titolo “Topoestesia” (Vitalità del Negativo, Palazzo delle esposizioni, Roma), siano in quel momento al centro dell’attenzione. Nel 1969 il mondo aveva seguito in diretta i passi incerti dei cosmonauti dell’Apollo 11 sulla Luna e nel 1968 l’immaginario collettivo aveva assimilato in modo indelebile l’avventura di “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick.

La generosa offerta della Fondazione Marconi ricrea su quattro piani alcuni storici passaggi, lavori la cui accurata ricostruzione non deve essere stata facile, ma che a distanza di alcune decine di anni sono ancora in grado di suscitare lo stupore e lo spaesamento che erano l’obiettivo dell’artista. “Bariestesia” (1975), una doppia scalinata sghemba, e Topoestesia (1970), costruzione di strette gallerie dal pavimento obliquo che si intersecano, suscitano ancora curiosità e giocosità infantile, ma anche coscienza della instabilità delle nostre coordinate abituali. Nella sala in penombra in cui si accendono ritmicamente strutture composite di plexiglas simili a cristalli, Cromostrutture di varie dimensioni, si crea una reazione ipnotica come quella suscitata dal cerchio intermittente di After-points (1965).

Lo spazio come ambiente e il tempo come movimento in divenire sono ben percepibili negli “Spazi Curvi” (anni 90), due grandi cerchi sospesi in ottone o in alluminio che si muovono grazie a una animazione elettromeccanica in una specie di danza. Ancora più emozionante, all’ultimo piano, una sala buia in cui i cerchi dello “Spazio Curvo” (1992) sono due scie luminose che si srotolano nell’oscurità create da una lampada ultravioletta.

Altre sale ospitano opere non meno interessanti, dalle ceramiche del 1960 agli Spazi elastici alle Strutture pulsanti ad alcuni modelli in scala per Topoestesia.

L’importanza di sperimentare i progetti costruendone materialmente i modelli era un insegnamento che Gianni Colombo ha trasmesso per una decina di anni in un corso di studi teorico-pratico da lui ideato, Strutturazione dello spazio, per gli allievi della NABA, di cui era tra i fondatori e che ha diretto dal 1985 alla sua improvvisa scomparsa nel 1993.

Info sul sito: www.fondazionemarconi.org


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