Laggiù qualcuno mi ama

Mario Martone rende omaggio a Massimo Troisi in un film ricco di ricordi e di rimpianti. ()
Laggiu immagine copia

Si sono conosciuti in un lontano 1992 al Festival di Montpellier dove Martone aveva presentato il suo primo film, Morte di un matematico napoletano, Massimo Troisi l'ultimo, Pensavo fosse amore…invece era un calesse. Nasceva un’amicizia durata troppo poco, neanche il tempo di dirsi la voglia di fare un film insieme.

Questo bellissimo documentario è quel film mai fatto.

In questi giorni, il 19 febbraio, Troisi avrebbe compiuto 70 anni e in molti ci siamo domandati vedendo il film, cosa sarebbe diventato Massimo, cosa avrebbe potuto fare ancora? Forse si sarebbe tenuto in disparte, defilato dal caos di tempi affollati di orrori ed egocentrismi, lui che nei suoi lavori declinava pacificamente amore, risate, malinconia, fragilità, tenerezza, timidezza con una grande dose di ironia.

«Massimo era un ribelle, animato da un forte spirito politico” dice Martone. Lo dimostrava in televisione con La Smorfia, al cinema o nelle interviste restando contemporaneo anche dopo trent’anni. Con la sua ironia mite e gentile poteva distruggere i luoghi comuni sui napoletani e gli italiani, uno capace di rifiutare di comparire a Sanremo, con un film in promozione, per non sottostare al controllo dei testi da parte della Rai. Parte importante della vita di Troisi è stata Anna Pavignano, la compagna dei tempi giovanili e restata al suo fianco scrivendo con lui le sceneggiature di tutti i suoi film. Una torinese femminista che ha contribuito a creare quei personaggi femminili che mettono continuamente in crisi Massimo, donne forti e mai sottomesse, che non prevedono la gelosia e possono far accettare a un maschio meridionale un figlio non suo (Ricomincio da tre). Laggiù qualcuno mi ama non è solo un omaggio, è un atto di amore e lo si vede negli occhi di Mario Martone che non si estrae dalla scena, è voler dimostrare anche le grandi qualità come regista di Troisi “Il cinema di Troisi era bello perché aveva la forma della vita.”

Con la collaborazione di Anna Pavignano, ha potuto accedere a materiale privato come i foglietti di appunti, agende, vecchie cassette registrate e repertorio non comune e non ovvio. Tra gli intervistati anche persone che non hanno fatto in tempo a conoscerlo personalmente ma ne hanno respirato il fascino della sua comunicativa e quaggiù lo hanno amato.

Sorprendente l’accostamento a Truffaut e al suo personaggio simbolo Antoine Doinel (Jean-Pierre Leaud) cui mai avevamo pensato. Nelle due ore di immagini si ripercorre tutta la vita di Troisi, fino alla fatidica fine il giorno dopo l’ultima ripresa de Il postino. Avrebbe dovuto andare in America per un trapianto di cuore, ma il film con la regia di Michael Radford che lui aveva fortemente voluto, non voleva “farlo con il cuore di un altro”.

Ci sono stati documentari in cui è stato inserito tra gli attori comici del nostro cinema, ma non c’è storia, Troisi era altro, oltre, molto più avanti e, senza far torto a nessuno, con una grande e duttile intelligenza mai banale.

Eppure io un sorriso l’ho regalato.”

Commovente, ebbene sì.


In programmazione al Cinema Plinius


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