Il giocatore

Uno dei più famosi racconti di Dostoevskij inaugura il ciclo di proposte di lettura dedicato al tema “Racconti d’autore fra Otto e Novecento”. ()
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“Quando conosce Dostoevskij, Anna Grigor’evna che diventerà poi sua moglie ha vent’anni, mentre lo scrittore ne ha quarantacinque. Dostoevskij si sta affermando come romanziere – sta uscendo “Delitto e castigo” a puntate sul Messaggero Russo – ma è in un momento molto critico a causa di un contratto capestro con l’editore Stellowskij. Se non consegna un racconto lungo entro il primo novembre 1866, perde tutti i diritti sulle opere future per dieci anni. E intanto deve continuare “Delitto e castigo”. E’ all’inizio di ottobre che, disperato, ascolta il consiglio degli amici di prendere una stenografa e dettare anziché scrivere. Anna è la migliore allieva di stenografia della sua scuola, a Pietroburgo, e così il tre ottobre Dostoevskij la assume e le detta “Il giocatore” che in ventisei giorni sarà pronto, in tempo per sfuggire all’editore bandito...e sarà proprio alla fine di quella collaborazione che Dostoevskij chiederà ad Anna di sposarlo.” (dalla prefazione di Donatella Borghesi - in Anna G. Dostoevskaja - “Dostoevskij mio marito” - Bompiani - 1977).
Queste furono le condizioni in cui Dostoevskij scrisse “Il giocatore” e, tenuto conto di ciò, appare ancor più grandioso il risultato a cui pervenne, avendo creato con questo racconto un affresco inarrivabile di quel mondo legato al gioco d’azzardo e ai Casinò che lui ben conosceva, essendo stato egli stesso giocatore peraltro assai ben poco fortunato. Ma “Il giocatore” non è solo la fotografia di quel mondo è, in realtà, un’occasione impareggiabile che Dostoevskij si dà per “denudare” le miserie, gli opportunismi, le meschinerie, le debolezze, le pusillanimità, le ipocrisie dei numerosi personaggi che animano il racconto e del “bel mondo” in cui essi vivono e a cui appartengono. Personaggi che, come se dovessero inesorabilmente mantenersi fedeli a se stessi per sempre, perseguiranno ostinatamente i loro comportamenti di persone irrisolte e/o ciniche, pronte ad allearsi l’un con l’altra ma anche ad “usarsi” l’un contro l’altra. Perché su tutto domina e tutti sono dominati in fondo da un’unica cosa: la vanità.
E’ la vanità che crea la sete di denaro, la ricerca ossessiva di sfarzo e di apparenza, il vivere al di sopra delle proprie possibilità, la fissazione per il mantenimento di un’altisonante immagine pubblica, la smania stessa del gioco e la brama delle ripetute vincite, la tendenza a compiacere gli altri e ad adeguarsi ai voleri altrui ed è infine la vanità che conduce a sacrificare gli affetti e ogni più elementare forma di umanità pur di poter parassitariamente affermare se stessi.
Il gioco d’azzardo diventa, così, ne “Il giocatore”, una metafora di una concezione della vita vissuta tutta come un azzardo. I personaggi rappresentati da Dostoevskij non si nutrono infatti di virtù e probità. Non ricercano un anche legittimo successo con i propri effettivi mezzi e talenti, giacché non hanno alcun mezzo e talento proprio, bensì ricercano spasmodicamente il successo, ma sfruttando e speculando sull’attesa del verificarsi di eventi esterni a loro, su cui il caso gioca un ruolo decisivo così come lo gioca nella roulette. E, nella fattispecie, il caso che qui tutti attendono è la morte della grandiosamente narrata figura della “nonna” (le relative pagine valgono da sole la lettura del racconto), la cui eredità, “a cascata”, metterebbe a posto tutti gli “interessati”.
Ma il caso, così come avviene al tavolo da gioco, gioca un brutto scherzo e fa piombare la coriacea, implacabile, capricciosa e incontrollabile “nonna” là, proprio tra coloro che ne attendevano la morte, scombussolando i loro piani e atterrendoli alla vista delle man mano sempre più ingenti perdite che la “nonna” subisce - essendosi ella invaghita follemente della roulette - mettendo così a repentaglio l’integrità del tanto agognato patrimonio.
Ambientato in una fittizia città termale tedesca il cui nome Roulettenburg evoca, da subito, la vocazione di quel luogo, “Il giocatore” è pieno di personaggi tutti legati a doppio filo tra loro ma, nel contempo, ognuno con un suo individuale e direi sordo ad ogni reale attenzione verso gli altri, obiettivo da raggiungere.
Aleksej Ivanovic, il narratore, nonché colui che più di ogni altro finirà preda dell’accanimento del gioco fa da precettore dei due bambini del generale, un generale russo cinquantacinquenne, il quale è sul lastrico, anche se non lo dà a vedere, avendo ipotecato tutti i suoi beni a favore dell’ambiguo marchese des Grieux, del quale è innamorata Polina, figliastra del generale ma, della quale, a sua volta è innamorato Aleksej, il quale si spende e si prodiga a suo favore, giocando e procurandole somme per mitigare la difficile situazione finanziaria sua e del generale suo patrigno.
Questi, a sua volta, è innamorato della spregiudicata M.lle Blanche, una giovane francese “professionista” di quel mondo, interessata al generale nella misura in cui egli riesca effettivamente ad entrare in possesso della famosa eredità e quindi convolare con lui a nozze, nel più classico dei matrimoni di interesse. Ma l’arrivo della “nonna” a Roulettenburg “sfascerà” quell’equilibrio che si basava sull’attesa della sua morte. Le perdite al gioco contratte dalla “nonna” e il suo precipitoso ritorno a Mosca innescano una reazione a catena: des Grieux decide di incassare le ipoteche che aveva sui beni del generale e scompare lasciando Polina in uno sconforto che la porterà alle soglie della follia.
M.lle Blanche perso, ovviamente, ogni interesse per il generale lo abbandona sul posto e si trasferisce a Parigi con Aleksej che, nel frattempo, ha vinto delle grosse somme per confortare Polina dell’abbandono di des Grieux, ma che Polina orgogliosamente rifiuterà. Da qui l’interessamento di M.lle Blanche per Aleksej e ovviamente per il suo denaro di cui si appropria. Successivamente ella riprenderà presso di sé il generale per usarlo come figura di rappresentanza nella bella società parigina e “tenerlo” in attesa di sposarlo allorquando arriverà l’eredità di quel che resta del patrimonio della “nonna”, quando questa morrà, cosa che ovviamente a un certo punto avviene. Aleksej infine, abbandonato al suo destino di giocatore, continuerà a girovagare fra le città del gioco di mezza Europa sempre sul punto di smettere senza mai riuscirci.
Ma a rendere quest’intreccio così aggrovigliato, avvincente e al tempo stesso drammatico è la qualità della narrazione di Dostoevskij che alterna i toni del tragico e del comico, che mischia disperazione e senso del beffardo, dove ironia e sarcasmo trapelano anche nelle pagine più feroci, sempre comunque con un’estrema vitalità ed energia nel ritmo e nell’andamento narrativo. Anche quindi da un punto di vista stilistico “Il giocatore” ricalca, con questo susseguirsi di alti e bassi, quello stesso andamento tipico del gioco d’azzardo e della roulette in particolare, dove il passare “dalle stelle alle stalle” è all’ordine del giorno e ciò, ancor di più, quando - come avviene qui - si conduce una vita d’azzardo: ed è questo il vero dramma che Dostoevskij illumina.

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