Tra due mondi

Viaggio doloroso nel mondo dello sfruttamento sul lavoro. Dirige Emmanuel Carrère che ben conosce come sia difficile stare al mondo. ()
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Marianne (Juliette Binoche) entra in un ufficio di collocamento e racconta di essere stata lasciata dal marito per una donna più giovane, per questo ha bisogno di un lavoro anche se non ha esperienza. Ma Marianne è una scrittrice affermata che dietro mentite spoglie vuole raccogliere materiale di prima mano per il suo nuovo libro, vuole affrontare il problema del precariato, dello sfruttamento, della disoccupazione e la crisi economica. Conoscerà altre donne e come loro riuscirà a farsi assumere come addetta alle pulizie per i traghetti che da Ouistreham, in Normandia, attraversano la Manica fino a Southampton. Un lavoro massacrante in cui si devono pulire 60 cabine, i bagni e rifare i letti in 90min. 4 min. a stanza, 7,69 euro l’ora, niente ritardi e niente assenze, pena il licenziamento. Nessuna delle sue colleghe conosce la sua vera identità ma da loro avrà amicizia e solidarietà. Soprattutto stringerà rapporti con Christèlle (Hélène Lambert), una donna che cresce da sola i suoi tre figli, e con la giovanissima Marilou (Léa Carne). Quando la verità verrà casualmente scoperta i sodalizi si incrineranno.

Tra due mondi non è solamente un film di indagine sociale che si avvicina a Loach, ai Dardenne o Cantet. Per la sua genesi è anche una riflessione sul ruolo degli intellettuali, sulle diseguaglianze nel tessuto sociale, mondi così distanti. Infatti il film è tratto dal libro Le quai de Ouistreham (in Italia La scatola rossa) di Florance Aubenas, scrittrice e giornalista di reportage sui fronti di guerra (con alle spalle un sequestro di cinque mesi in Iraq) e se non fosse stato per l’insistenza di Binoche, nemmeno avrebbe voluto che diventasse un film. E’ stata la stessa Aubenas a porre come condizione per la concessione dei diritti che fosse diretto da Carrère, più che un regista (questo è il suo terzo film) uno scrittore e giornalista attualmente impegnato con articoli dalla guerra in Ucraina.

Ci sono molte domande che sorgono dalla visione del film, riflessioni morali più che quesiti che non hanno risposte: senza l’inganno Marianne avrebbe potuto guadagnarsi l’affetto che la coinvolge? E’ giusto nascondere il proprio scopo dietro una falsa identità o è sfruttamento? Non mostrarsi trasparente è un tradimento? E’ rispettoso stabilire un sincero rapporto di amicizia sotto mentite spoglie? Può veramente essere sincero e reale un sentimento di amicizia e affetto tra élite culturale e sottoproletariato? Potranno mai veramente incontrarsi i due mondi? Davvero si può essere sinceri intellettuali senza sensi di colpa?
Il ciclo si chiude con Juliette Binoche unica attrice professionista del cast, le altre donne sono vere inservienti che anche in questo caso hanno portato le loro vite al servizio del film. Ma Binoche non era sotto mentite spoglie, una star internazionale non può esserlo.
Amaro.


In programmazione al cinema Palestrina

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