America Latina
Nel segno dell’ambiguità estrema l’ultimo film dei gemelli D’Innocenzo.
(Massimo Cecconi)14/01/2022
Benvenuti nel cupo mondo dei gemelli D’Innocenzo che, dopo l’interessante esordio con “La terra dell’abbastanza” e l’apocalittica metafora di “Favolacce”, approdano, coerentemente, a un film “malsano” nella struttura narrativa e persino nella scenografia.
In una isolata villa già con qualche segnale di decadimento, vive l’apparentemente felice famiglia di un affermato dentista (Elio Germano) che, oltre a qualche frequentazione equivoca, non pare avere enormi cadaveri nell’armadio. Ma così sembra non essere.
La struttura notturna e claustrofobica del film ci conduce a interrogarci su quale sia il limite tra il vero e il falso, tra il detto e il non detto, tra il giorno e la notte.
Accadono avvenimenti per i quali è quasi inutile chiedersi perché accadano. Se si ha la volontà e la costanza di assistere allo sviluppo della vicenda è opportuno farsi solo condurre dal gioco al massacro che i due registi romani hanno sapientemente predisposto.
Tra un nulla è ciò che appare e un crescendo di disagio esistenziale, si consuma un incubo carico di angoscia e di orrore, senza che alcun atto estremo venga effettivamente svelato.
Elio Germano merita il plauso per come si presta a interpretare un personaggio estremo, carico di rancore e di impotenza, di repressione e di disperazione.
Su cosa poi significhi il titolo, al di là del rimando alla provincia laziale, è un altro dilemma che resta insoluto.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center.
In una isolata villa già con qualche segnale di decadimento, vive l’apparentemente felice famiglia di un affermato dentista (Elio Germano) che, oltre a qualche frequentazione equivoca, non pare avere enormi cadaveri nell’armadio. Ma così sembra non essere.
La struttura notturna e claustrofobica del film ci conduce a interrogarci su quale sia il limite tra il vero e il falso, tra il detto e il non detto, tra il giorno e la notte.
Accadono avvenimenti per i quali è quasi inutile chiedersi perché accadano. Se si ha la volontà e la costanza di assistere allo sviluppo della vicenda è opportuno farsi solo condurre dal gioco al massacro che i due registi romani hanno sapientemente predisposto.
Tra un nulla è ciò che appare e un crescendo di disagio esistenziale, si consuma un incubo carico di angoscia e di orrore, senza che alcun atto estremo venga effettivamente svelato.
Elio Germano merita il plauso per come si presta a interpretare un personaggio estremo, carico di rancore e di impotenza, di repressione e di disperazione.
Su cosa poi significhi il titolo, al di là del rimando alla provincia laziale, è un altro dilemma che resta insoluto.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center.