Milano fine Novecento

Come dice bene il sottotitolo: storie, luoghi e personaggi di una città che non c’è più. ()
Milano fine 900 immagine
Alberto Saibene, classe 1965, è personalità eclettica, storico della cultura, saggista, si occupa di editoria e di mille altre cose. E ’autore, tra l’altro, del bel film “La ragazza Carla” (2015), riverente omaggio all’epocale poema di Elio Pagliarani.
Nel suo libro “Milano fine Novecento” ospita una raccolta di articoli e brevi saggi che adottano come fil rouge Milano e la sua trasformazione profonda nel corso del cosiddetto secolo breve, anche se l’analisi dell’autore si concentra soprattutto nella sua seconda metà, di pari passo con gli avvenimenti storici e politici che stanno però in sottofondo.
Rampollo di una borghesia illuminata e progressista, Saibene frequenta con giudizio la Milano intellettuale che descrive attraverso i suoi incontri con personaggi e istituzioni che quel mondo rappresentano o hanno rappresentato.
Nell’importante corredo fotografico che si colloca a metà del testo, scorrono le immagini in bianco e nero realizzate da Carla Cerati che ritraggono, tra gli altri, in ambienti molto milanesi, Franco Fortini, Gillo Dorfles, Elio Vittorini, Umberto Eco, Camilla Cederna, Bruno Munari e un pensieroso Giorgio Strehler.
Al Piccolo di Strehler e Paolo Grassi è dedicato un capitolo perché, a ragione, non si può parlare della Milano del ‘900 senza riflettere sulla funzione/missione di quel teatro.
Assente, ancorché giusto sotto le righe, è la Milano politica che viene ricordata qua e là come necessario, oltre che ingombrante, convitato di pietra.
Il secondo Novecento viene evocato invece soprattutto attraverso i suoi personaggi emblematici che hanno contribuito a costruire una Milano alla ricerca perenne di se stessa, facendo virtù di contraddizioni e vizi di vita, di naufragi e di resurrezioni.
Pagine accorate ricordano e raccontano la irregolarità di Giovanni Pirelli o la genialità di Franco Crepax e di Giovanni Gandini che con Milano hanno aperto conti per certi versi ancora non saldati.
Nel racconto c’è la città del cinema e del cabaret, ci sono giornalisti, designer, architetti e inventori di stili di vita che solo Milano avrebbe potuto ospitare, alimentare, comprendere ed esaltare.
L’eloquio è colto ma non esclusivo, i giudizi sono ammorbiditi da una certo signorile distacco e da una complice comprensione.
Tutto nasce da “una combriccola di futuri snob” che però si confronta con tutto ciò che la circonda senza fare sconti o sgarbi, con la tranquilla semplicità di chi sa di avere le spalle coperte da status e da cultura.
Dalle pagine emergono fantasmi che sembravano scomparsi per sempre. Chi si ricorda cosa fosse l’EMOSCAMBIO che compariva sotto forma di scritte sui muri di mezza Lombardia? Chi si ricorda di avere giocato con le macchinine, made in England, Dinky Toys? E Cos’era “Il Giornalone” inventato da Giovanni Gandini, il padre di “Linus”?
Dalle infanzie più remote riaffiorano il prode Anselmo e Pierino Porcospino, mentre è persino commosso il ricordo di Beppe Viola o di Delio Tessa, immenso poeta milanese.
Chiude la nobile lettura, che appassiona, che coinvolge, il ricordo del funerale di Umberto Eco in un Castello Sforzesco popolato da migliaia di persone, in una tersa giornata di fine febbraio 2016, dove i profumi nell’aria si confondono con le parole. “Tutto sommato è stata una bella giornata”, chiosa l’autore.
Qualche imprecisione nel testo non vanifica certo lo scrupoloso lavoro di analisi, ancorché filtrata dalle specifiche esperienze e vicinanze, di una società milanese che molti di noi hanno conosciuto così come Alberto Saibene la descrive, la rievoca, la comprende e, almeno in parte, la giustifica.
Un libro che vale un viaggio. E, con i tempi che corrono, non è poco.

Alberto Saibene
Milano fine Novecento
Storie, luoghi e personaggi di una città che non c’è più
Edizioni Casagrande, pp.153, € 22,00

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