Un eroe

Dal cinema iraniano una storia esemplare, monito contro i sotterfugi e le false verità. ()
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Iran, oggi. L’eroe del titolo è in carcere per un debito non onorato. Durante una licenza premio ha la sventura di infilarsi in una storia più grande di lui dalla quale non riesce a uscirne.
In estrema sintesi ecco la triste storia di un personaggio che non ha certo spiccate doti di delinquenza ma a cui mancano anche buon senso e conoscenza dei propri limiti.
Va da sé che la sua vicenda, riveduta e corretta dai media e dal potere in cerca di casi esemplari, sfocia in un dramma ancora più grande in un paese in cui le difficoltà di vita quotidiane vengono ingigantite dalle circostanze e dalle ossessioni dettate dalla tradizione politica e religiosa.
Sembra diretto il confronto con “Ladri di biciclette” (1948) in cui il nostro sottoproletariato del postguerra si riproduce in quello dell’odierno Iran, come se 70 anni fossero passati invano.
La voglia di riscatto del protagonista, a cui comunque va la solidarietà dello spettatore, lo spinge a commettere errori dopo errori, in una società in cui sospetto, rancore e rabbia possiedono una tenace presenza espressiva.

Il regista Asghar Farhadi, che dirige con mano e mente felici, lancia un monito contro l’ineluttabilità delle miserie umane di cui noi tutti soffriamo anche inconsciamente.
“Un eroe”, premiato all’ultima festival di Cannes, è ottimo esempio di cinema civile che scava nelle pieghe della società e porta alla luce limiti e grettezze.


In programmazione al Cinema Palestrina e all’Arcobaleno Film Center.

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