Haruki Murakami - Tratti da

Tre film in rassegna presso Cineteca Milano Meet per sottolineare il legame del grande scrittore giapponese con il cinema. Si parte il 28 novembre. ()
drive my car immagine
Correttezza vorrebbe che si scrivesse Murakami Haruki, poiché in Giappone il cognome è sempre preposto al nome, ma non cambia la sostanza di essere in presenza di uno dei più importanti scrittori esistenti, senza etichette e senza collocazioni geografiche. C’è chi sostiene che Murakami sia il più grande scrittore giapponese influenzato dall’occidente, ma è sicuramente più corretto sostenere che sia un grande anzi grandissimo scrittore, tout court.

Chi ha letto “L’uccello che girava le Viti del mondo”, e nel mondo sono milioni i lettori che lo hanno letto, non può non avere apprezzato il vasto respiro narrativo che sradica attraverso la parola certezze acquisite in uno scenario popolato di sogni, memoria e realtà che restituisce tutta la fragilità dei personaggi e quindi del genere umano.
In “Kafka sulla spiaggia” Murakami lavora sulla genesi delle culture con assoluta padronanza dell’epica greca e della contemplazione orientale. Grande, grandissima narrazione.
Cineteca Italiana presso la sede di viale Vittorio Veneto propone a partire dal 28 novembre tre film tratti da opere dello scrittore.

Si parte con “Drive my Car” (2021) di Ryusuke Hamaguchi a cui la disattenta giuria dell’ultimo festival di Cannes ha preferito un inconcludente e imbarazzante “Titane”.
“Drive my Car”, tratto da un racconto presente nella raccolta “Uomini senza donne”, propone l’incontro di due solitudini in un contesto di quotidiana routine che sottolinea però la forza dei sentimenti. E non stupisca dove siano collocati i titoli di testa.
“Burning - L’amore brucia” (2018) di Lee Chang-dong, tratto dal racconto “Granai incendiati”, offre un insolito schema di rapporti interpersonali, mentre “Norwegian Wood” (2010) di Tran Anh Hung, dal romanzo omonimo, racconta le vicende di alcuni giovani alle prese con le disillusioni della vita. Il titolo deriva da una canzone dei Beatles.

Al di là del risultato cinematografico, forse discontinuo, si evidenziano i temi più profondi della poetica di Murakami Haruki, grande interprete dei malesseri della società contemporanea.

Per la programmazione completa e le modalità di accesso nella sala che un tempo si chiamava Spazio Oberdan è opportuno consultare il sito www.cinetecamilano.it.

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