“Il Mereghetti”, Milano, il cinema e il sindaco

In attesa dell’elezione del sindaco, un piccolo gioco cinematografico e un omaggio al più diffuso dizionario dei film. ()
miracolo a milano immagine
“Il Mereghetti”, inteso come dizionario dei film, è uno strumento di consultazione e di lavoro indispensabile per chi si occupa di cinema a vario titolo.
L’ultima edizione, annata 2021, presenta, in tre volumi, quasi novemila pagine di schede filmiche, repertori e indici che abbracciano l’intera storia del cinema mondiale.
La memoria va alla prima edizione del 1993 (“Dizionario dei film”, a cura di Paolo Mereghetti) che di pagine ne aveva poco più di millequattrocento e ospitava, allora, circa dodicimila schede.
Ora le schede ammontano a quasi trentatremila e il peso complessivo dell’opera è più che impegnativo, in tutti i sensi (in termini di bilancia siamo ben oltre i quattro chilogrammi).
Quindi la fortuna e la crescita dell’opera sono state decisamente enormi.

In occasione delle prossime elezioni amministrative, da questa ponderosa e indispensabile fatica critica abbiamo attinto, per un piccolo gioco legato ai termini della milanesità, quei film che nel titolo comprendano la parola Milano.
Certo è noto che la nostra città ha ospitato moltissimi film che non contengono nel titolo la sua denominazione. Alcune sono capolavori come “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti o “Il posto” di Ermanno Olmi, altri sono ricordati per la loro particolare allegra vivacità come “Totò, Peppino e la… malafemmina” di Camillo Mastrocinque, “Romanzo popolare” di Mario Monicelli o “Lo svitato” di Carlo Lizzani.
E Milano è lo scenario ideale di quasi tutti i film di Maurizio Nichetti, Silvio Soldini e Aldo, Giovanni e Giacomo.
In questo caso però ci limitiamo a citare alcuni film in cui invece la parola Milano compare nel titolo con lo scopo di richiamarli alla memoria se non alla visione, senza considerare le stellette che “Il Mereghetti” attribuisce.
Partiamo allora da “Milano calibro 9” (1972) di Fernando di Leo, solido poliziottesco ispirato ai racconti di Giorgio Scerbanenco con un cast di tutto rispetto (Gastone Moschin, Philippe Leroy, Barbara Bouchet, Lionel Stander). In una Milano che Il Mereghetti definisce livida, una storia noir a forti tinte con una “grandiosa colonna sonora” di Luis Bacalov.
In qualche modo anticipato nel 1961 dal titolo “Milano nera” di Gian Rocco, il tema malavitoso è curiosamente protagonista di altre pellicole che hanno nel titolo la parola Milano.
Eccone alcune, in ordine di apparizione: “Banditi a Milano” (1968) di Carlo Lizzani, “Milano rovente” (1973) di Umberto Lenzi, “Milano trema: la polizia vuole giustizia” (1973) di Sergio Martino e ancora “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974) di Umberto Lenzi, uno specialista del genere, “Milano: il clan dei calabresi” (1974) di Giorgio Stegani e “Milano violenta” (1976) di Mario Caiano.
A ben vedere, magari nei cinemini polverosi e fumosi di terza visione, la città in quegli anni è al centro di truci conflitti, combattuta tra malavita e giustizia che non sempre trionfa.
Di tutt’altro genere è “Kamikazen- Ultima notte a Milano” (1987) di Gabriele Salvatores che invece, in una città molto notturna, racconta le vicende di un gruppo di aspiranti attori comici alle prese con una improbabile ricerca di successo. Notevole il cast che comprende Paolo Rossi, David Riondino, Antonio Catania, Bebo Storti, Renato Sarti, Silvio Orlando e Claudio Bisio. E c’è anche una particina per Nanni Svampa che di Milano è stato uno dei cantori più credibili.

Ma poiché siamo in tema di elezioni amministrative, “Il Mereghetti” propone anche alcuni titoli “politici” a cominciare da “Milano ‘83” (1983) di Ermanno Olmi che, al tempo, suscitò reazioni contrastanti per via della lettura crepuscolare e poco agiografica che il regista dette della città. Gli amministratori di allora (sindaco il socialista Carlo Tognoli in alleanza con il PCI) se ne ebbero a male e non apprezzarono un lavoro a cui avevano anche contribuito economicamente.
Un taglio di carattere politico/sociale è presente anche in “Milano, via Padova” (2017) della spiazzante coppia Flavia Mastrella/Antonio Rezza, un documentario tutto dedicato all’arteria milanese più multietnica in cui Rezza provoca i cittadini che incontra per strada per farsi raccontare a modo suo gli umori di questa del tutto particolare zona della città.
Ed è sicuramente politico il documentario “Milano 55.1-Cronaca di una settimana di passioni” (2011) realizzato da un corposo collettivo (ben 72) filmmaker milanesi in occasione della campagna elettorale che poi portò Giuliano Pisapia a diventare sindaco di Milano appunto con il 55,1% dei voti, a seguito del ballottaggio con Letizia Moratti del 30 maggio 2011.
Ma giusto per concludere, in attesa del prossimo sindaco, rimangono da evocare ancora un paio di film.
Tra i più intensi e poetici, tra quelli realizzati in città, è doveroso “Miracolo a Milano” (1951) di Vittorio De Sica in complicità con Cesare Zavattini, una favola “ideologica” in gran parte ambientata a Lambrate, a ridosso della massicciata della ferrovia.
Non è riportato ne “Il Mereghetti” ma ci piace chiudere questo piccolo omaggio al cinema milanese, anche per campanilismo territoriale, rievocando “Canzoni per le strade” (1950) di Mario Landi, un musicarello ante litteram con un discreto cast che vede la presenza di Luciano Tajoli, Antonella Lualdi, Carlo Ninchi ed Ernesto Calindri. Film che, per altro, grazie alla presenza del famoso cantante, incassò la bella cifra di 377 milioni di lire di allora.
L’ambientazione milanese è caratterizzata dalla baraccopoli che subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale esisteva in fondo a viale Argonne, zona Acquabella, a ridosso della chiesa dedicata ai Santi Nereo e Achilleo.
Quella precaria situazione abitativa probabilmente ispirò il villaggio dei barboni di “Miracolo a Milano” il cui “sindaco” era un superlativo Paolo Stoppa.
Che altro dire? E’ noto ai più, e non solo al colto o all’inclita, che l’ideatore e curatore del dizionario è il critico cinematografico Paolo Mereghetti a cui non ci resta che dire…grazie di esistere.

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