Te recuerdo Luis

Con Luis Sepúlveda scompare un militante della scrittura democratica. Un grande narratore appassionato della sua ricerca per dare una dimensione umana ai cittadini del mondo. ()
Luis
Quelli che in gergo giornalistico vengono chiamati “coccodrilli” sono testi preparati per tempo nelle redazioni quando un personaggio ha raggiunto o superato la soglia della vecchiaia o quando una malattia annuncia già il più infausto dei risultati.
Essendo il nostro un giornale anomalo, nessun “coccodrillo” era stato preparato per Luis Sepúlveda pur sapendo che stava lottando contro il Coronavirus, un morbo che non guarda in faccia nessuno anche se si accanisce soprattutto con le persone più anziane.
Luis Sepúlveda non rientrava ancora in questa categoria terminale, aveva poco più di 70 anni vissuti con coraggiosa coerenza.

L’avevo conosciuto qualche anno fa, quando per lavoro mi occupavo di organizzare manifestazioni di carattere culturale alle quali partecipavamo illustri personaggi del mondo della letteratura, dello spettacolo e dell’arte.
Avevo letto alcuni dei suoi libri e ricordavo con particolare piacere “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” o “Un nome da torero”, per non dire della “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, un favola perfetta nei suoi elementi già entrata da tempo nel nostro immaginario.
Fu un incontro senza timori reverenziali perché Sepúlveda aveva il dono di metterti a tuo agio: gioviale e socievole, per nulla personaggio anche se avrebbe potuto a ragione esserlo.
Affermare che Sepúlveda fosse una bella persona è, in questo caso, sicuramente riduttivo. Lo era certamente ma a modo suo, perché si portava appresso un bagaglio umano e culturale che andava ben oltre una banale definizione bonaria

Aaveva attraversato da protagonista gran parte della seconda metà del ‘900, sicuramente almeno da quando il suo Cile, nel 1973, era stato dilaniato da una feroce controrivoluzione conservatrice che aveva portato al potere il sanguinoso generale Pinochet.
Il giovane Sepúlveda non poteva che schierarsi con Salvador Allende e con lui aveva lottato per un Cile migliore, democratico, libero dalla schiavitù pericolosa imposta dalla Cia per conto degli Stati Uniti.
Arrestato, torturato e poi espulso dal suo paese, era andato esule in giro per il mondo e aveva trovato nella letteratura, accanto all’impegno civile e politico, una sua dimensione precisa di narratore di storie di grande respiro umano.
Quando nel cortile che ospitava la manifestazione a cui era stato invitato fu pregato di fare una prova microfono si avvicinò allo strumento e disse più volte: “Gobierno ladron”. Poi, soddisfatto del risultato acustico, scese dal palco ridendo sotto i baffi.
Giusto per la cronaca, dalle nostre parti a quei tempi era al potere tale Berlusconi.

p.s. Il titolo di questo piccolo omaggio a Luis Sepúlveda è mutuato dal titolo della canzone “Te recuerdo Amanda” scritta dal musicista cileno Victor Jara, massacrato dai militari cileni cinque giorni dopo il colpo di stato dell’11 settembre 1973.


La fotografia di Mario Erlotti è stata scattata in occasione dell’edizione 2003 di La Milanesiana.

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