I cerchi nell'acqua

L’ultimo romanzo di Alessandro Robecchi non risparmia nulla e nessuno, sovrapponendo una Milano disperata a quella luccicante alla quale ci stavamo quasi assuefacendo, quanto meno prima dell’avvento del Coronavirus. ()
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Nuovo giro di giostra per i personaggi creati da Alessandro Robecchi che, dal primo romanzo “Questa non è una canzone d’amore” apparso nel 2014, con cadenza regolare ci aggiornano, per il piacere della lettura, su vicende ambientate in una Milano nera, a volte nerissima.
In questa occasione però, Carlo Monterossi, autore televisivo abbondantemente schifato dal suo becero ambiente, non è più il protagonista della storia, relegato a silenziosa comparsa, impegnata nell’inedito ruolo di ascoltatore (“Perché forse è così che bisogna fare, ogni tanto, nella vita: sedersi, non dire nulla, ascoltare”).

La storia, questa volta, la racconta e la interpreta il sovrintende Tarcisio Ghezzi che, in insidiosa combutta con il collega Pasquale Carella, cerca di dipanare una matassa sufficientemente ingarbugliata da apparire persino realistica se non reale.
Dunque in questo caso le indagini le conduce la polizia, ma sono indagini sotto traccia perché i due sovrintendenti non stanno conducendo una ricerca ufficiale, disposta dai loro superiori come ordine di servizio.
La caccia all’assassino di turno avviene per vie traverse, nel sottobosco variegato della malavita milanese di oggi dove la merce primaria è costituita dalla droga e dalla prostituzione, che sono a dire il vero argomenti ricorrenti nella malavita del mondo intero.
Non mancano i colpi di scena di cui non staremo a dire per non togliere il piacere al lettore di scoprire, pagina dopo pagina (e le pagine sono 394), la risoluzione del busillis.

Nella complessa indagine la coppia Ghezzi-Carella, umanamente molto credibile, spesso infrange le regole e si colloca oltre i limiti della legge, ma, come sosteneva quel tale, il fine giustifica i mezzi.
L’ambientazione è molto notturna e tutta milanese, con un importante episodio che si colloca in un sordido alberghetto a una stella di piazza Aspromonte descritta dall’autore così com’è e come la conosciamo. Nel bene e nel male.

La scrittura di Robecchi come sempre è ironicamente faconda, forse con qualche lentezza di troppo nella parte centrale del racconto, prima di affrontare un finale più che tonico e convincente.
La morale, se di morale si può parlare, è affidata a un verso di Vladimir Majakovskij : “Io so/ Che un chiodo del mio stivale/ È più raccapricciante della fantasia di Goethe”.
In questi deprimenti tempi di ansiosa attesa, il romanzo si legge di un fiato, che pur qualcosa vorrà dire.

Giusto recentemente, in un’intervista a la Repubblica, Gino Paoli ha affermato: “Gli autori che mi danno conforto in questo momento sono Robecchi, Malvaldi, il solito Pennac, li consiglio perché sono divertenti ma in maniera elegante”.
Bel complimento.

PS: in Lombardia, per volere dei superiori comandi, le librerie sono ancora chiuse. Nulla vieta però di usufruire, tra gli altri, dei servizi offerti dalla Libreria popolare di via Tadino o dall’Aleph di piazza Lima.


Alessandro Robecchi
I cerchi nell’acqua
Sellerio, pp 394, euro 15,00

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