Oro verde. C’era una volta in Colombia
Tra il 1968 e il 1980 si consuma, in un’escalation di violenza e di morte, l’ascesa e la caduta di una famiglia ancestrale che cerca emancipazione attraverso il narcotraffico.
(Massimo Cecconi)16/04/2019
In una zona desertica della Colombia i cui abitanti sono ancora legati alla ritualità tribale e al magismo simbolico, la voglia di emancipazione e di affrancamento dalla povertà trova la strada del commercio della droga, in un crescendo di avidità e di potere che, inesorabilmente, conduce alla catastrofe.
La violenza, che è uno degli elementi costitutivi di un mondo primitivo, trova espressione conclamata attraverso la sopraffazione e l’avidità umana.
Al centro della vicenda, assoluta protagonista di un’epocale faida familiare, si colloca la figura di una matriarca che rappresenta le tradizioni e la loro trasmissione.
Dalla strage annunciata si salva una ragazzina che, acquistate tre capre, va alla ricerca di un posto in cui poter vivere lontana dalla violenza e dalla paura.
Una pioggia liberatoria e purificatrice chiude il film e lascia, forse, qualche barlume di speranza.
I registi Cristina Gallego e Ciro Guerra suddividono il racconto in cinque canti e confezionano un poema epico di grande forza emotiva e visionaria, anche attraverso l’immediatezza non alterata dei personaggi e una capacità narrativa di assoluto interesse.
Non è certo un caso che siamo negli stessi scenari umani di “Cent’anni di solitudine”.
p.s. Il titolo originale suona “Pàjaros de verano” (Uccelli estivi). I distributori italiani potevano almeno risparmiarsi il sottotitolo.
In programmazione al Cinema Palestrina
(Massimo Cecconi)
La violenza, che è uno degli elementi costitutivi di un mondo primitivo, trova espressione conclamata attraverso la sopraffazione e l’avidità umana.
Al centro della vicenda, assoluta protagonista di un’epocale faida familiare, si colloca la figura di una matriarca che rappresenta le tradizioni e la loro trasmissione.
Dalla strage annunciata si salva una ragazzina che, acquistate tre capre, va alla ricerca di un posto in cui poter vivere lontana dalla violenza e dalla paura.
Una pioggia liberatoria e purificatrice chiude il film e lascia, forse, qualche barlume di speranza.
I registi Cristina Gallego e Ciro Guerra suddividono il racconto in cinque canti e confezionano un poema epico di grande forza emotiva e visionaria, anche attraverso l’immediatezza non alterata dei personaggi e una capacità narrativa di assoluto interesse.
Non è certo un caso che siamo negli stessi scenari umani di “Cent’anni di solitudine”.
p.s. Il titolo originale suona “Pàjaros de verano” (Uccelli estivi). I distributori italiani potevano almeno risparmiarsi il sottotitolo.
In programmazione al Cinema Palestrina
(Massimo Cecconi)