Dogman
Livida ricostruzione cinematografica di una vicenda di cronaca che scosse l’opinione pubblica, senza alcun compiacimento e nessuna concessione spettacolare.
(Massimo Cecconi)28/05/2018
Di Pietro De Negri, detto er Canaro della Magliana, e del suo efferato crimine si occuparono abbondantemente le cronache nere dell’anno 1988. A quella vicenda si è liberamente, ma doviziosamente, ispirato Matteo Garrone per il suo “Dogman”, recentemente presentato in competizione al Festival di Cannes.
Intorno a lui il degrado umano e strutturale del quartiere è palpabile, tutto sembra insanamente irrecuperabile, non esiste alcuna possibilità di redenzione.
In uno scenario cupo, dove non brilla mai un raggio di sole, anche e soprattutto nei momenti di possibile serenità, si consuma, senza alcun compiacimento orrorifico, l’annunciata tragedia.
“Dogman” risulta un film in tono minore, dove tutte le pulsioni peggiori sono tenute a bada dal regista, e in cui la recitazione si avvale della personale complessità espressiva di Marcello Forte che, per la sua interpretazione, ha vinto il premio come protagonista maschile al Festival di Cannes.
Le interpretazioni di contorno, quasi tutte esclusivamente maschili, sono adeguate alla vicenda.
Sinistra e inquietante l’ottima fotografia di Nicolaj Bruel.
Lasciate voi che entrate ogni speranza.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center e al cinema Plinius.
Ai giorni nostri, in un degradato quartiere del litorale romano, Marcello (Marcello Fonte) gestisce uno squallido negozio di toelettatura per cani e qualche piccola attività criminale (spaccio di droga e modesti furtarelli). Subisce la violenza fisica ma anche psicologica di Simone (Edoardo Pesce), un ex pugile incattivito, che lo sovrasta in muscoli e in altezza. Marcello è un outsider, emarginato anche fisicamente, che vive una profonda e schizofrenica dicotomia tra bene (il grande amore per la piccola figlia e per i cani) e il male (la sua quotidianità).
Intorno a lui il degrado umano e strutturale del quartiere è palpabile, tutto sembra insanamente irrecuperabile, non esiste alcuna possibilità di redenzione.
In uno scenario cupo, dove non brilla mai un raggio di sole, anche e soprattutto nei momenti di possibile serenità, si consuma, senza alcun compiacimento orrorifico, l’annunciata tragedia.
La fine è nota.
“Dogman” risulta un film in tono minore, dove tutte le pulsioni peggiori sono tenute a bada dal regista, e in cui la recitazione si avvale della personale complessità espressiva di Marcello Forte che, per la sua interpretazione, ha vinto il premio come protagonista maschile al Festival di Cannes.
Le interpretazioni di contorno, quasi tutte esclusivamente maschili, sono adeguate alla vicenda.
Sinistra e inquietante l’ottima fotografia di Nicolaj Bruel.
Lasciate voi che entrate ogni speranza.
In programmazione all’Arcobaleno Film Center e al cinema Plinius.
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