Miriam Mafai


Una vita dedicata al giornalismo, all'impegno politico per i diritti civili, per l'emancipazione della donna, per una società migliore. Ci sono tante maniere per ricordarla e noi vogliamo farlo come forse sarebbe piaciuto anche a lei.
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“Fortissima e dolcissima”.
Da spirito libero qual era, Miriam Mafai ha sempre lottato in prima persona, con visione laica e animo appassionato, per i grandi temi della condizione femminile e contro ogni discriminazione.
Divorzio, aborto, fecondazione assistita, discriminazione di genere… sono solo alcune delle sue, nostre, battaglie.
In questi giorni è riaffiorato alla ribalta uno dei grandi tabù della società italiana: l’omofobia. Argomento, anzi atteggiamento sociale irrisolto, trattato, nei casi migliori, con spirito giullare, spesso con l'offesa, dietro il vuoto legislativo.
Ogni tanto se ne parla e ci si indigna di fronte al "caso". Sicuramente, anche Miriam Mafai, sarebbe intervenuta con le sue lucide riflessioni e lo sdegno per qualsiasi discriminazione.

Pubblicato pochi giorni fa dal settimanale "Espresso", apprendiamo che l'essere lesbica o meglio, il "lesbismo egodistonico" è, nell'elenco delle patologie e dei traumatismi varato per decreto del Ministero della Salute, una malattia. Niente paura, si affannano a sostenere i responsabili, è un vecchio modulo che la nostra lenta, lentissima burocrazia, non ha ancora modificato: non c'è dolo, non c'è malattia.
È vero, non stentiamo a crederci, ma sta di fatto che altrove le cose si sono mosse già da tempo ricordando che l'OMS, organizzazione mondiale della sanità, ha cancellato l'omosessualità dall'elenco delle malattie dal 1993.
Il modulo sarà sicuramente sostituito e la malattia non esisterà più, ma, al di là di ogni commento ironico, sta di fatto che il criptico numerino del modulo "Icd9-cm" è il simbolo di una subcultura basata su una noncurante discriminazione, lontana da essere seriamente affrontata e impregnante, a tutt'oggi, la società italiana.

E allora vogliamo ricordare Miriam Mafai, quando nel 2010, a 84 anni, rilasciò la seguente dichiarazione all'infelice battuta dell’allora Presidente del Consiglio dopo che, trionfante e ammiccante, annunciava «Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay».
La voce riportata in questi giorni in un video del quotidiano "La Repubblica", ci fa sentire una voce che a stento trattiene la rabbia: «Berlusconi non capisce o fa finta di non capire. Il problema non è di essere gay o essere omosessuale, scelta assolutamente rispettabile e assolutamente privata. Esistono in Europa leader politici dichiaratamente gay, ma nessuno ha mai trasformato una sede pubblica in un luogo di grotteschi festini e soprattutto nessuno è mai intervenuto per far rilasciare un partner colpevole di qualsivoglia reato».
Ecco che, in poche parole indignate, ci butta addosso la povertà di una cultura devastante, durata più di 20 anni, basata sulla discriminazione, sulla mercificazione della donna, sulla falsità, sulla arroganza del potere.

A noi donne e non solo, non poteva lasciare insegnamento migliore.

Marzia Frateschi


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