The Hateful Eight

Splatter e horror sono i termini usati (e abusati) per descrivere l’ottavo film di Tarantino. Non mancano certo le tinte forti, ma prevale la coralità di una tragedia grottesca e amara. Quando il gioco si fa duro…

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the hateful eight immagine

Il paesaggio innevato e tempestoso del Wyoming (le riprese sono state però effettuate in Colorado) fa da preambolo a un dramma che si svilupperà per intero all’interno di una stazione di cambio (diligence stopper) sperduta ai confini del nulla.

Il cinema western, che prevede solitamente panorami ariosi e spazi aperti, qui si riduce (?) a una tragedia da camera, una sorta di kammerspiel dove le psicologie dei numerosi personaggi si destreggiano tra il raffinato e il grossolano a seconda del loro spessore e del loro vissuto.

Dall’accecante e sferzante neve degli esterni (sarà per questo che il postiglione sfoggia un improbabile paio, per l’epoca, di occhiali da sole?), la storia si consuma nella penombra claustrofobica di un interno disordinatamente arredato, così come doveva e poteva essere nel vecchio west un luogo adibito a tale servizio.

In una perfetta unità di spazio, tempo e luogo, per dirla con il dogma aristotelico della tragedia, si centellina una massacrante macelleria di anime e corpi. Più corpi che anime, in verità.

Il cinema di Tarantino si rivela ancora una volta decisamente democratico: non esistono i buoni e i cattivi, tutti sono nettamente e indiscutibilmente cattivi. Anzi (scusateci il superlativo) cattivissimi.

Sono cattivi i cacciatori di taglie che fanno mercato della vita altrui, è cattivo il vecchio generale confederato che odia tutti i negri (dice naturalmente negri e non neri), è cattivissima e furbissima la donna dei banditi. Il caffè è pessimo e persino avvelenato, il sangue si perde in mille rivoli continuamente alimentati dalla lunga sequenza di morti ammazzati. Tutti cattivi, se non del tutto odiosi.

Su una trama banale, ai limiti dell’inesistente, Quentin Tarantino, attraverso una perfetta sceneggiatura, costruisce un’intera epopea americana in cui entrano in gioco la giustizia, la razza, la democrazia e la libertà, valori universali che il regista interpreta a modo suo secondo una consuetudine di lettura del mondo decisamente sopra le righe.

Geniale, vero e proprio racconto nel racconto, la leggenda della “lettera di Lincoln”.

Nello splendore del cinemascope, è previsto, come un tempo, persino un intervallo per sgranchirsi le gambe (il film dura quasi tre ore) e per prepararsi al grande mattatoio finale. Musiche auliche e poderose di Ennio Moricone e interpreti strepitosi. Su tutti il coriaceo Samuel L. Jackson e la diabolica strega Jennifer Jason Leigh.

I borghesi si lascino stupire dalla magniloquenza degli effetti speciali. Qualche spettatore chiuderà gli occhi qua e là. Ne avrà ben donde.


The Hateful Eight

Regia, soggetto e sceneggiatura Quentin Tarantino

musiche Ennio Moricone

con Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern

USA 2015 167’


In programmazione all’Arcobaleno Film Center



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Re: The Hateful Eight
28/02/2016 Paolo Morandi
Visto oggi all'Arcadia di Melzo in pellicola 70mm , la visione dichiarata ottimale da Tarantino.
Al di là del film che può piacere o meno, penso sia stata una delle esperienze cinematografiche più coinvolgenti della mia vita.


 
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