Tea Falco al Photofestival

Giunto alla sua nona edizione, il Photofestival punta anche quest'anno a mettere Milano al centro della cultura fotografica con incontri e mostre, per lo più gratuiti, distribuiti su tutto il territorio cittadino tra gallerie, spazi pubblici e musei.
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Tea Falco
Sono andata a sbirciare per z3xmi dentro la galleria “Gli eroici furori arte contemporanea” di via Melzo che il 28 maggio ha ospitato il vernissage della personale di Tea Falco. 
La ventottenne siciliana è forse più nota come  attrice, in particolare nel film “Io e te” di Bertolucci. Nelle ultime settimane è balzata all'onore delle cronache per le spietate critiche, con annesse immancabili parodie sui social network, di cui è stata oggetto per la sua interpretazione di Didi Mainaghi, figlia del facoltoso imprenditore coinvolto nello scandalo di mani pulite, nella fiction “1992” prodotta da Sky. 

Tra l'interno della galleria e il cortile, dove si serviva l'aperitivo a base di vino e focaccine, la bella Tea si aggirava verde smeraldo, sorridente e leggera,  mostrandosi amichevole, disponibile a raccontarsi e raccontare il suo lavoro, senza del resto farsi sfuggire l'occasione per qualche battuta autoironica. 

Nella galleria saranno esposte fino al 19 giugno una quindicina di opere in una mostra dal titolo “L'effetto della causa”. 
L'indagine fotografica della poliedrica artista, che da tempo affianca alla sua attività di attrice quella di fotografa, mira ai territori di confine tra conscio e inconscio, realtà e illusione. 
La direzione intrapresa è quella di un deciso linguaggio surrealista, con alcuni evidenti richiami all'opera di Man Ray. Il racconto che emerge porta a distaccarsi dall'idea di fotografia come fedele documentazione della realtà e ne mette in evidenza il carattere e l'intento di rappresentare, di rassomigliare. 

Alcune delle opere sono collage di foto realizzate inizialmente in digitale, quindi stampate e assemblate tra loro. La composizione risultante viene nuovamente ripresa su pellicola e infine stampata. 
Un'altra serie di fotografie utilizza, a partire da un negativo digitale, una tecnica di stampa che risale agli inizi della fotografia, il processo di Van Dyck Brown. Un supporto, per lo più di carta, viene reso sensibile cospargendolo con un mix di tre soluzioni chimiche tra cui sali di ferro che si comportano in maniera simile ai sali d'argento (utilizzati nelle pellicole e nelle carte fotografiche) e che rendono la stampa finale nei toni del marrone.  Il supporto viene successivamente impressionato a contatto con il negativo tramite l'esposizione alla luce del sole o ad un'altra fonte di raggi UV.  

Il risultato di questa tecnica è molto variabile e soggetto a casualità. Rimane ad esempio il segno dell'improvviso arrivo di una nuvola sulla prima stampa della serie che l'artista ha comunque esposto, in parte forse per documentare un proprio momento di creazione ed in parte con un intento “didattico”, nella speranza di ispirare l'osservatore interessato, metterlo a suo agio e coinvolgerlo nella tecnica perché la possa approfondire ed utilizzare per dare voce alla sua stessa creatività. 

Non possedendo il background necessario per approfondimenti o opinioni “da esperti”, mi limiterò a concludere con la sensazione di sincerità e ironia che si avverte nel modo in cui Tea Falco si esprime nel suo atto creativo condividendolo con il pubblico e che mi ha lasciato la visione della mostra e il piacevole, seppur breve, dialogo con l'artista. 

  


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