Forza maggiore

Quando la natura manda in frantumi le certezze e costringe a fare i conti con se stessi. Un saggio quasi filosofico sulla fragilità umana.

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Una famigliola svedese (apparentemente) normale arriva in una esclusiva località sciistica delle Alpi francesi per una breve vacanza sulla neve.

Lui, uomo molto impegnato nel mondo del lavoro, lei, senza apparenti specificità se non quelle di brava moglie e brava madre, una ragazzina e un bambino. Accade però, quasi subito, qualcosa che cambia definitivamente non solo il clima della loro vacanza ma la loro stessa esistenza.

Mentre i quattro si trovano a pranzo sulla terrazza panoramica di un ristorante, una valanga di neve si stacca dalla montagna vicina. La materia bianca, ossessivamente accompagnata dalla macchina da presa, si avvicina pericolosamente al ristorante. L’uomo/marito/padre si alza dal tavolo, raccoglie guanti e telefono e scappa.

In pochi attimi si consuma il dramma che, badate bene, è però del tutto interiore. La presunta valanga infatti si risolve in una bolla di neve che avvolge gli astanti e si dirada poi come nebbia. L’uomo torna al tavolo, sotto il quale si era rifugiata la moglie a protezione dei figli, e tutti incredibilmente riprendono a mangiare, come se nulla fosse successo. Poco dopo, però, l’accaduto si manifesta con evidenza nel nervosismo dei ragazzi e nella incredulità della donna. Come può un padre, nel momento del pericolo, pensare di salvare solo se stesso?

Intorno a questo quesito esistenziale si innerva la lenta narrazione di Forza maggiore che indulge nello scavare nelle psicologie dei personaggi coinvolti, per restituire in tutto il suo fragore il silenzioso boato di una crisi di esistenza irrefrenabile come una valanga.

La parte centrale del film, con qualche complicità esterna, indaga nel cuore ormai malato della famiglia per descrivere una crisi difficilmente sanabile. Nel finale invece l’angoscia corre a dismisura. Sui campi di neve per l’ultima sciata prima della fine della vacanza, l’intera famiglia, avvolta nella nebbia e nell’assoluto biancore, vive un’altra avventura dello spirito che sembra ricomporre il nucleo affettivo originale. Ma poi ancora, sul pullman che riporta i turisti a valle, un altro sgradevole episodio, escogitato dal destino cinico e baro, riporta l’attenzione sulla cruda realtà: i rapporti ormai si sono definitivamente incrinati. Dominano stanchezza e tristezza.

Due ore di cinema innescate da un episodio quasi banale, costringono i protagonisti del dramma a interrogarsi e a interrogare. Le certezze della famiglia, la sua coesione, la sua complicità si sono sgretolate come fragile neve in balia degli elementi esterni (ma cosa sono quelle ricorrenti esplosioni nella notte?).

La fiducia e la tolleranza vengono meno e con loro crolla la condivisione di un progetto che, forse, era già in discussione prima del fatto scatenante.

Buon cinema e ottima sceneggiatura per riflettere e discutere sulla fragilità umana e sulla complessità dei rapporti interpersonali. Grande fotografia di esterni ai limiti dell’agorafobia con (forse) qualche riferimento clinico aSpellbound di Alfred Hitchcok. Claustrofobici gli interni del residence di lusso in cui si consuma il dramma. Una valanga di nichilismo ci seppellirà.


Forza maggiore

di Ruben Östlund

con Johannes Kuhnke e Lisa Loven Kongsli

Fra-Dan-Ger 2014 118’


In programmazione all’Arcobaleno Film Center


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