Arte di Parte. “La milanese verdastra perversa e feroce!”

Al Piccolo la storia di una Protagonista del Risorgimento, La belle Joyeuse, Maria Cristina Trivulzio.
 
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Alla prima dello spettacolo di Gianfranco Fiore al Piccolo, è stata premiata con lunghi applausi la prova di recitazione di Anna Bonaiuto, star del teatro e del cinema italiano. Una maratona attoriale richiesta da un testo ambizioso, in forma di monologo, pronunziato in discorso diretto dalla principessa Trivulzio, la Belle Joyeuse del titolo.
 
Nel mese di marzo abbiamo avuto modo di apprezzare altre prove teatrali femminili nella sede di via Rovello, come la messa in scena tenera e straniante di Rossy de Palma che ci ha entusiasmate.
 
Bonaiuto ha affrontato il personaggio con un’interpretazione grintosa nei toni drammatici, brillante nelle intonazioni ironiche e graffianti, e duttile nella capacità di descrizione psicologica delle varie età del personaggio. La messa in scena, volutamente scabra, d‘atmosfera monacale e opprimente, entrava in dissonava con la ricchezza di sfumature del bel testo di Fiore - in un prologo e 10 quadri, la cui articolazione è sottolineata da brevi interventi musicali – che contiene l’appassionante narrazione della vita, dall’infanzia alla morte, di Trivulzio, o Trivulzia, come pare amasse definirsi lei stessa (Wikipedia).
 
La vita, anzi le molte vite, vissute con intensità e fierezza, di un personaggio importante del nostro Risorgimento, che ebbe a soffrire, come tante donne della storia, di un oblio - temutissimo dalla protagonista per sua stessa dichiarazione - cui oggi il merito di questo spettacolo, ma anche recenti mostre e pubblicazioni, pone rimedio, riportandola al centro della vita culturale della nostra città, che la vide protagonista, per esempio, delle famose Cinque giornate.
 
L’ostentata gravità della messa in scena e la sua seriosità, i toni marcatamente imperiosi della voce narrante, mettono meglio in rilievo, come dense ombre, il fiammeggiare di un testo teso nel tentativo - lo diciamo con rispetto, ben consapevoli che ogni interpretazione contiene in sé il pericolo di una sopraffazione - di ridare voce non già e non tanto alla Trivulzio politica, giornalista, eroina risorgimentale, femminista, saggista, ecc. ma alla donna. Anzi: alla Donna.
 
In ciò troviamo anche un limite del testo, non in sé, ma in quanto “testimone” - come inteso in senso tecnico dalla filologia - di una cultura ideologica dominante nel racconto storiografico, da cui ci sembra purtroppo molto difficile prendere le distanze.
 
Lo spettacolo racconta con esattezza – a parte pochissime eccezioni come l’uso del termine fortepiano, secondo noi del tutto ingiustificato sulla bocca di una donna morta nel 1871 - con pochi tocchi appassionati, le varie e interessanti vicende della vita di Trivulzio (certo, insistiamo a chiamarla così come si farebbe con Cavour, e non Cristina Trivulzio di Belgioioso, che fra le altre cose, era il cognome del marito). E tratteggia le vicende storiche di cui Trivulzio fu protagonista, ma di questi elementi tende a proporre una lettura che eccede nel discorso riportato, nella citazione, di solito polemica e scandalistica… da gossip… ohibò, l’orribile parola, ci è proprio scappata.
 
A rileggere il testo, ci si accorge, oltre che della mise en abyme iniziale - il prologo è una scena di teatro nel teatro - delle frequenti allusioni alla maschera e alla recitazione, nell’intera vicenda umana e politica del personaggio. L’accento e la chiave di lettura, l’isotopia dominante si direbbe, scimmiottando malamente i semiologi, è nel rapporto fra volto e maschera, fra ruolo sociale portato in scena volutamente da Trivulzio e sentimenti personali. Insomma, le tante pose di Trivulzio personaggio, come l’affissione che la descrive come Princesse Malhereuse alla porta del suo rifugio parigino o lo svenimento che fa gongolare La Fayette all’Opera di Parigi, acquistano nello spettacolo un rilievo singolare.
 
Attraverso il discorso riportato, come si è detto, e il racconto della protagonista si mette in scena l’atto di costruirsi del personaggio, l’edificazione consapevolmente del proprio mito. “Cammina come fosse dentro una cornice” dice di lei uno fra i molti commenti contemporanei citati nel testo.
 
E La belle Joyeuse – che tanto aspramente rifiuta la caricatura di de Musset rifiutandosi, ostinata, di indurre il riso -  presenta se stessa come maschera, si decostruisce con gesto post-moderno, in una scena resa buia e severa per contrasto con le frivolezze e le follie di una donna nobile e ricca, nata all’inizio dell’Ottocento nella nostra città.
 
Ma il gesto della costruzione di sé non accomuna le Donne? Non è quello che facciamo tutte, scegliendo una pettinatura, un tailleur, un accessorio o un gesto seduttivo? Non è un destino cultural-specifico femminile vivere dentro una rappresentazione di sé?
 
Un gioco. Forse. O una catena. Invidiamo l’atteggiamento adattivo di coloro che - donne o uomini che siano -  fanno dell’essere sempre in una cornice, non solo elemento accettato e gradito, ma possibilità creativa dell’espressione di sé, della propria soggettività. Noi lo troviamo stancante, e innaturale, come i tacchi. Eppure necessario. Anzi, imprescindibile.
 
E se si parla di Donne (notate bene con la maiuscola), va a finire che si parla o di vestiti e belletti, o di amori disillusi, come purtroppo accade in questo spettacolo, in cui Trivulzio, vecchia e sfiorita, naturalmente angustiata dallo specchio, ripensa a tutte le sue vicende secondo una chiave interpretativa privatissima e profonda:
 
Io non conosco passioni…. In ogni uomo ho visto l’inganno… il contagio che mi ha rubato la vita.
 
Così dice la belle joyeuse di Fiore, che finalmente si rivela la donna disperata che l’abito severo e la messa in scena glabra, svelavano fin dall’inizio (il che forse è un peccato….). Ma noi lo sappiamo, questo è il portato della cultura dominante, quando si parla di Donne, non di donne.
 
Una vita così ricca di azione e pensiero, infatti, come quella di Trivulzio, può essere riportata alla chiave intimistica della delusione d’amore? Può essere fatta precipitare all’improvviso in un solo condensato interpretativo, sia pure persuasivo e affascinante?
 
Oseremmo dire di no.
 
Ma siamo grate all’autore del testo e all’attrice per il felice ritratto di Donna, forte e coraggiosa, capace di sfidare il destino di debolezza, malattia e morte precoce, che la circondava fin dall’infanzia, grazie a una eccezionale energia vitale, a una forza e una determinazione che possono essere di sprone a tutte e a tutti.
 
Vi riportiamo un passaggio emozionante:
 
Dio, ti ringrazio del male che mi hai donato [si riferisce alla sifilide di cui l’aveva contagiata giovanissima il marito n.d.r.]… Ti sono grata di quell’annuncio che mi ha costretta a fuggire da un vuoto destino di oca da salotto, dalla pena di inutili giorni tutti uguali! Quell’annuncio di morte mi ha dato la vita! E mi ha fatto sorella di infelici e di oppressi.
 
Trivulzio è una donna politica italiana, ha fondato e diretto organi d’informazione, ha scritto e lottato attivamente per il cambiamento. Aveva una sua visione politica, di cui si riferisce, sia pur brevemente, nello spettacolo. Il suo pensiero, velato di socialismo utopista, antiretorico, era un esempio di prassi riformista, mirata a risollevare dalle condizioni di analfabetismo e miseria il nostro Paese. Il grande tema che il Risorgimento italiano ha negletto. Trivulzio si batteva per questo, e le sue pose d’abile teatrante servivano spesso soltanto per raccogliere fondi per la causa rivoluzionaria. Ma erano una parte molto piccola di una grande storia di vita, messa a servizio della trasformazione della società. È bene che in un teatro prestigioso della nostra città, ci stiano, almeno di tanto in tanto, le donne politiche italiane e le loro idee, più che le Donne e le loro rappresentazioni.
 
Vi lasciamo con un link. Si tratta dell’esecuzione di un brano musicale cui si accenna nello spettacolo, Héxameron, fatto comporre da Trivulzio ai più grandi della sua epoca. Qui è suonato da una pianista, Ìdil Biret, nata in Turchia, dove si trovava la fattoria modello fondata quasi due secoli fa dalla nostra concittadina. In tempo di pianeti da nutrire e salvare, niente male come spunto…
 
Loredana Metta
 
https://www.youtube.com/watch?v=ZwOtIupFcd0
 

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