Arte di Parte. Fedra, l'amore

Con la regia di Consuelo Barilari, la produzione del Festival dell’Eccellenza al Femminile - Schegge di Mediterraneo e il contributo di Carmen Consoli per la canzone finale, sono terminate il 16 novembre le repliche dello spettacolo. Protagonista l’attrice Galatea Ranzi (Premio Ubu - Premio Eleonora Duse 2012) nel ruolo di Fedra, ripensato da Eva Cantarella.
Lo  spettacolo al teatro Parenti di Milano ci pone molti interrogativi e mentre la pioggia unisce Milano e Genova nella costernazione, proviamo a ragionare di donne e d’amore…

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Iniziamo con un estratto dalle note che introducono lo spettacolo:
Una nuova Fedra: Fedra la luminosa, ribelle, tormentata e consapevolmente trasgressiva, icona delle rivendicazioni femminili in cima alle quali vi è la libertà di amare e di scegliere. Da una delle più grandi studiose contemporanee del mondo classico, Eva Cantarella, una rivisitazione moderna che testimonia come l’Antica Grecia sia la culla oltreché di teatro, democrazia e arte, anche della cosiddetta “differenza di genere”. [Cosiddetta, perché? N.d.r.]

Potete immaginare come abbiamo drizzato le orecchie, noi di Artediparte; uno dei testi del canone letterario occidentale, e fra i più importanti, rivisitato secondo un punto di vista differente.

La storia: una donna adulta si abbandona al Desiderio di uomo molto più giovane, figlio di primo letto del suo legittimo consorte, che con lui tradisce o vorrebbe tradire, ma ne viene respinta -  almeno nella maggior parte delle versioni ma non in questa - e, per vendetta, con una falsa accusa, ne provoca la morte.

Fedra… non si contano i poeti e i musicisti che ne hanno messo in scena le vicende, da Senaca a Sarah Kane la drammaturga morta suicida a ventotto anni. Citeremo solo un’opera di Hans Werner Henze, Phaedra, del 2007, con il suo secondo atto così inaspettato e onirico.

Ma se e come il punto di vista di questo spettacolo sia realmente nuovo, noi non siamo riuscite a comprenderlo: la morte di Fedra avviene di propria mano in una vasca da bagno  - belli gli oggetti di scena di Paola Ratto! -  e grida la sconfitta di una donna che ha tentato di prendere in mano la propria vita, che si è arrogata il diritto di scegliere e seguire i propri sentimenti, ma è distrutta dal senso di colpa. Nella Fedra di Cantarella sono inizialmente mescolati – come ci ha spiegato Angela Di Tomaso, editor di immagini e video dello spettacolo – alcune sequenze di un film degli anni Sessanta di Jules Dassin, maestro e ispiratore di registi come Kubrick e Monicelli, dedicato a Fedra. Memorabile, sotto una pioggia scrosciante, la scena d’amore tra Fedra e il giovane amante (nel film Alexis), una vetta della fotografia cinematografica, che ci pare abbia molte affinità, a livello di atmosfera, con il senso di rarefazione e vertigine creata, con la sua abilità, da Angela Di Tomaso, nello spettacolo e voluto dalla regista Consuelo Barilari. Indubbiamente, da questo punto di vista, creazione originale e fragrante.

Ma lì la vicenda di Fedra è l’Ombra di un mondo contemporaneo, in cui affari e potere tolgono Anima alla vita ed è sotto il segno di un Destino irreparabile. E Fedra osa far crollare tutto il suo spietato mondo. Nello spettacolo di Cantarella, la sola difesa di Fedra è la vibrante accusa alle convenzioni sociali che la spingono fra le braccia di un uomo non desiderato e anziano. Che è ancora oggi il destino di migliaia di bambine sotto tutti i cieli. Allora, quale libertà femminile si reclama qui? La libertà di morire per amore… con tutti gli ammazzamenti quotidiani di donne e bambini, e a volte anche di uomini, certo, insomma, del più debole in campo? La libertà di seguire un Desiderio, legittimato sebbene narcisistico e sfrenato, pagata con un annichilimento totale e senza speranze?

Lo so, lo so che è una tragedia, un testo sacro per la nostra cultura, quintessenza di una tradizione certamente da difendere per i suoi valori, ma che non ha ancora il coraggio di dire chiaro che l’amore-tutto-o-niente è out, peggio del Nokia coi tasti. E che oggi servono Altreroine. Il testo di Fedra va amato e rispettato (che meraviglia ascoltare brani della lingua in cui è stato scritto l’originale) ma anche reinterpretato perché la tradizione sia vita. E, leggendo il titolo “Fedra. Diritto all’amore” ci saremmo aspettati di più. Forse scioccamente, abbiamo atteso fin dopo l’applauso finale, una possibile salvezza, un colpo di coda, un deus ex machina… un sogno impalpabile in cui Fedra, diventata nonna, finalmente si perdona, e conduce una vita ricca di amore e creatività, come… come la protagonista de L’albero di Antonia (Marleen Gorris, 1995).

Eccessivo, dite? Si tratta sempre di un’assassina, in fondo. D’accordo. Allora provate a cercare in libreria il Dvd del film di Catherine McGilvray, Il cuore dell’assassino, presentato al Religion Today Film Festival di Trento. Ecco, quella è una storia che cambia il mondo.

Insomma, al termine di questo affascinante spettacolo ci siamo chieste, sinceramente e umilmente, anche sulla scorta del bellissimo libro di Francesca Serra La morte ci fa belle (Bollati Boringhieri), testo splendido e terribile che mostra con linguaggio forbito e tocco delicato la schiera imbarazzante di cadaveri femminili di cui sono tappezzati teatro e letteratura occidentali: l’amore per i nostri classici non potrebbe unirsi a un’idea di femminilità che sappia un po’ meno di disfatta?

Affascinante dicevamo, soprattutto per il ruolo da protagonista svolto dall’artista Angela Di Tomaso, che incontriamo sulle scale dopo lo spettacolo e che ci spiega qualcosa della magie con le quali ha dato vita a una rappresentazione piena di suggestioni, di poesia, di grinta e di stimoli. Ha solo 26 anni, ma è già attiva da tre, il che lascia ben sperare nel futuro dalle sue risorse creative. Mostra di condividere, da giovane donna, i nostri interrogativi sul testo; ci parla del Festival dell’eccellenza al femminile di Genova, che dovrebbe tenersi in questi giorni - pioggia permettendo - e in particolare di questa produzione, delle sue difficoltà e del lungo percorso che ha condotto, dagli iniziali tre minuti di proiezione previsti, a realizzare per l’intera durata dello spettacolo una sorta di scatola magica, ricca di sfaccettature, in cui, complice un velo leggero, si mixano sogni e realtà, teatro e cinema, presenza e assenza…

Un’innovazione resa possibile da luoghi come il Teatro Parenti, che si segnala a Milano come uno dei più particolari e civici, per esempio con il suo progetto di recupero del centro balneare Caimi, cui tutti possiamo partecipare, e le innumerevoli iniziative fra cui vi segnaliamo i corsi di recitazione per spettatori sul teatro comico dell’attrice Sofia Pelczer (sono appena iniziati, scrivete a laboratori[@]teatroparenti.it).

Seguiremo la vita creativa delle giovani artiste protagoniste di questo spettacolo e, come possibile, il Festival di Genova, cui va il nostro pensiero, pieno di attesa di sole.

Loredana Metta

lartediparte@gmail.com

Il sito del festival dell’Eccellenza al femminile di Genova:
http://www.eccellenzalfemminile.it/

Per donare a favore del centro balneare Caimi:
http://fondazionepierlombardo.com/


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