L’autorità delle donne: il matriarcato secondo Goettner - Abendroth alla Libreria delle donne di Milano.

Avete presente quel senso di  serenità e sollievo che accompagna il finale di Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi? ()
chagall vetrata
La storia racconta della pirata Ching che combatte duramente cercando una terribile vendetta. Nell’epilogo, dalle navi della flotta nemica gli aquiloni si sollevano nel cielo.
Tutto è pace e perdono. Gli uomini non avranno mai più bisogno di combattere.
È proprio così che ci si sente ascoltando una conferenza di Heide Goettner-Abendroth, esperta di antropologia, fondatrice dell’Accademia Hagis per gli studi sulla società e la spiritualità matriarcali. In occasione della presentazione del testo, edito nel 2013, Le società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo (dell’editrice Venexia), abbiamo potuto ascoltarla alla Libreria delle donne di Milano, lunedì 13 ottobre.
La studiosa del matriarcato ha parlato di una postura materna valida per tutti, che fa sì che i più alti valori per uomini e donne siano la cura di se stessi e degli altri, l’orientamento al soddisfacimento dei bisogni di tutti, senza riguardo alle gerarchie patriarcal – simil – feudali che marchiano la nostra vita. Quelle che fanno sì che, a qualsiasi tavolo ci si sieda, sia sempre fin troppo chiaro chi avrà ragione, chi possiede la maggioranza delle azioni o, semplicemente, un diritto di primogenitura che lo rende più forte degli altri. Un orientamento, non al potere, ma alla realizzazione di un ordine simbolico differente, come insegna Luisa Muraro, l’ordine simbolico della madre, per la quale tutti i figli sono ugualmente importanti, e che la studiosa tedesca ricostruisce nei suoi aspetti sociali, culturali ed economici, come paradigma fondamentale comune a molte e diverse popolazioni del mondo.
Sorpresa: un breve fremito godurioso ha attraversato l’uditorio (quasi tutto femminile, ça va sans dire) quando si è parlato di Visiting Marriage: l’istituto matrimoniale presso queste popolazioni non si protrae che per il poco tempo in cui dura la passione. L’uomo si stabilisce nella casa della donna per un periodo limitato, mentre l’obbligo reciproco fra i coniugi riguarda i rispettivi clan. E il matrimonio più importante è il primo. Appunto soltanto il primo. Figli e figlie sono ugualmente amati/e e ugualmente portatrici  di valore, e non differentemente investiti di compiti eterogenei relativi alle tradizioni e al cognome della famiglia. Ugualmente valorizzati e tutelati, mentre la madre, che amministra tutti i beni del clan, li distribuisce, senza che si conosca alcun diritto di proprietà della terra. Che non può essere in alcun modo frammentata. Del resto la parentela è matrilineare ed è sovente lo zio materno ad essere intitolato della funzione di paternità sociale. La società vive l’economia del dono e della reciprocità e le decisioni sono prese per consenso unanime, anche a costo di lunghe discussioni nei piccoli consigli diffusi in tutto il corpo della comunità locale.
La cultura non è dominata da un’idea di trascendenza onnipotente modellata sulla mitizzazione del padre; non conosce gerarchie sacerdotali. La divinità, immanente, rispecchia l’archetipo della Natura madre - creatrice. Ogni aspetto dell’universo partecipa allo stesso modo di una medesima concezione totalizzate di divinità. Morte e vita sono realtà cicliche e ogni aspetto della quotidianità risponde a un preciso significato sacrale, rientrando in quella che Goettner - Abendroth descrive come cultura del Divino femminile, alata e potente spiritualità della Natura madre e maestra.
Troppo bello per essere vero? Non siamo in grado di pronunciarci sulla metodologia della ricerca, né sui suoi risultati; sulla validità scientifica e sulla modalità di racconta e analisi dei dati. Avremmo preferito, in questo senso, partecipare a un convegno con possibilità di un contraddittorio fra esperti, che sarebbe risultato più esauriente e persuasivo. Comprendiamo che si tratta di osservazioni riguardanti popolazioni minoritarie, ma diffuse in ogni angolo del mondo: Irochesi e Hopi del Nord America, Tuareg del Sahara, Akan dell’Africa occidentale, gli asiatici Khasi, i Mosuo della Cina… ma non sapremmo dire se si tratti di Scienza o - del tutto legittimamente - di Utopia.
L’irrinunciabile desiderio di un futuro migliore può partire da una piccola certezza: qualcuno vive davvero in modi diversi e inaspettati. Cantando dietro i paraventi…
Loredana Metta

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