A volte ritornano: Souvenir d’Italie

Un vecchio film datato 1957 è occasione per riflettere sui mille volti e sulle mille storie del cinema italiano, quando un futuro Premio Nobel si guadagnava da vivere lavorando in film nazional popolari.

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Souvenir dItalie
Si presume, con ampia facoltà di prova, che i programmi televisivi vengano ricevuti anche nella nostra zona così che non è del tutto improprio parlare in questa sede di un film recentemente programmato dalle reti Sky.
L’opera in questione è del 1957, è a colori, ha una durata di 100 minuti ed è stata girata da Antonio Pietrangeli, un regista prematuramente scomparso, padre di quel Paolo Pietrangeli noto ai più per aver scritto e cantato Contessa (Compagni dai campi e dalle officine ecc.ecc.), autore di alcuni film interessanti per l’epoca quali Adua e le compagne (1960), Il magnifico cornuto (1964) e Io la conoscevo bene (1965).
Il film Souvenir d’Italie potrebbe essere classificato tra i cosiddetti “musicarelli”, che però esploderanno sugli schermi solo qualche anno dopo, perché riprende nel titolo e nella colonna sonora il tema di una canzone in voga in quegli anni musicata da Lelio Luttazzi, che è anche l’autore della colonna sonora del film, e interpretata nel nostro paese, tra gli altri, da Jula De Palma e, nel mondo, da Perry Como e Xavier Cugat. Una canzone molto fortunata che dovrebbe aver fruttato abbondanti diritti al suo autore.
Ma torniamo al film la cui trama è esile esile: tre giovani turiste straniere (una ragazza inglese, una tedesca e una francese) girano l’Italia in autostop, dopo aver perso l’automobile su cui viaggiavano in un buffo incidente, impegnate in un lungo itinerario turistico che più classico non si può. Dal confine di  Ventimiglia, passando da Bergeggi dove l’automobile finisce in mare, sino a Portofino. Da Venezia a Bologna e poi a Firenze e a Pisa, per finire il viaggio a Roma. Napoli e il sud ci vengono risparmiati.
La storia esile esile è scritta però, oltre che dal regista, da due mostri sacri del cinema italiano come Age & Scarpelli (La grande guerra, I soliti ignoti, Tutti a casa, L’armata Brancaleone, I mostri…)  e dal premio Nobel Dario Fo che funge anche da aiutoregista. In quegli anni Fo e Franca Rame vivono a Roma e frequentano gli ambienti del cinema romano. Torneranno a Milano giusto nel 1957 per consacrare definitivamente quella carriera artistica che li ha resi famosi nel mondo.
Dario Fo, sebbene non accreditato nei titoli di testa come tale, compare anche come attore nella parte di una guida turistica che accompagna un gruppo di visitatori alla scoperta di un non meglio identificato castello.
Le tre fanciulle invece, che in quanto attrici non hanno lasciato traccia alcuna nella cinematografia mondiale, girano l’Italia in lungo e in largo incontrando personaggi vari tra cui Alberto Sordi (un birbaccione che deruba una matura signora), Vittorio De Sica (un nobile decaduto), Gabriele Ferzetti (un brillante avvocato), Massimo Girotti (un insegnante di storia dell’arte, reduce da un campo di prigionia in Inghilterra) e Antonio Cifariello (un popolano romano). Nella parte di un Arlecchino veneziano si apprezzano i lazzi di Giancarlo Cobelli, grande del teatro italiano. Per non farsi mancare nulla, nel cast artistico figurano consumati caratteristi come Mario Carotenuto e Francesco Mulè, mentre nel cast tecnico sono presenti assoluti professionisti come Aldo Tonti e Eraldo da Roma. Le musiche, come si diceva, sono di Lelio Luttazzi.
L’Italia da cartolina, ad uso e consumo di eventuali turisti stranieri, è lì lì per esplodere nel boom economico e conserva, almeno per il momento, sane tradizioni popolari, al limite della caricatura, a onor del vero.
L’iperbole si raggiunge quando una delle ragazze, in visita alla Biblioteca nazionale di Firenze, chiede e ottiene in consultazione i grossi volumi del Codice Da Vinci. Sublime.
La citazione più incredibile la si deve a Camillo Milli, altro grande attore del teatro e del cinema italiano, che, in veste di giovane turista straniero a Venezia e, come tale, doppiato, dice:” Avevo calcolato tutto e arrivavo fino a Taormina, invece con quello che mi è rimasto arrivo sino a Cosenza, ma che ci vado a fare a Cosenza?”.
La risposta è difficile, non è impossibile invece vedere o rivedere questo film che, nella sua apparente banale demenzialità, racconta di com’eravamo meglio di mille trattati di sociologia.
L’intero cast rappresenta il meglio del cinema italiano di quegli anni con in più il guizzo istrionico del futuro Premio Nobel.
Anche a noi rimane però il dubbio amletico: ma Camillo Milli che ci va a fare a Cosenza?

Souvenir d’Italie
di Antonio Pietrangeli
Ita, GB 1957

(Massimo Cecconi)


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