Arte di parte. Le tre di notte alla Loggia dei Mercanti

Quante vite ci vogliono per placare il dolore più antico?

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debora brizzi
«Le tre di notte allo loggia dei mercanti. Il silenzio restituisce i passi…. ». Si è manifestato così, all’improvviso, il bisogno creativo che ha condotto una agente di polizia della nostra città, a scrivere quello che speriamo sia soltanto il suo primo romanzo, Ancora notte, che noi abbiamo trovato rapido e palpitante. Se partite per le vacanze e avete voglia di una storia emozionante, scegliete il libro di Debora Brizzi, edito da Rizzoli e ambientato in una Milano parlante e viva, come la conosce chi la vive ogni giorno.

Se amate Milano quanto noi, che ne abbiamo nostalgia ancor prima di andare in vacanza, questa Milano, mai tanto bella come ad agosto o al mattino presto, quando è un po’ vuota e sfatta, città modaiola del food, che corre in bici per dimenticare i suoi viali imponenti, i palazzi seriosi, e più ancora la sua anima d’acque sotterrane, questo libro vi piacerà molto.

Thriller emozionante, pur non puntando soltanto al classico intreccio poliziesco, il romanzo cresce pagina dopo pagina con una corolla variegata di personaggi e punti di vista, esplorati e subito abbandonati, come un mosaico che non conosce confini netti fra bene e male, fra menzogna e verità. Persino la malvagità e la violenza estreme, il male e la follia riescono a rivelare il loro volto terribilmente umano.

Nihil humani a me alienum puto.

E quanto sia prezioso un romanzo in cui un cattivo non è soltanto un cattivo, e i poliziotti non sono semplicemente “i buoni”, lo sentiamo quando una persona cui vogliamo bene si scaglia contro gli extracomunitari o quando qualcuno che stimiamo snocciola pregiudizi sugli impiegati pubblici (magari meridionali). Un romanzo fresco e sincero può allontanarci dai luoghi comuni, farci sentire quanto troppo frettolosamente giudichiamo e parliamo, farci entrare nella nostra stessa vita più dei telegiornali, dei saggi sociologici o delle manifestazioni culturali.

Infine la principale protagonista femminile, Norma Gigli, rappresenta un modello di femminilità, non stereotipata e non banale, che assai di rado è dato vedere fra i prodotti dell’industria culturale. Che grida la noia delle dive traballanti su tacchi da dodici, del robot lava-pavimenti che naturalmente si chiama Brava, delle fanciulle che sanno solo strillare e coprirsi il volto con le mani in attesa dell’eroe. A proposito, Debora, ma perché alla fine a morire dev’essere proprio Maddalena?

Brizzi ci racconta forse la donna che ancora non siamo, che ancora non siamo diventate. E il coraggio di vivere una vita nuova, una vita inventata, una vita che sfida una tradizione stantia e osa affermare il brivido della novità che ciascuna e ciascuno di noi rappresenta in questo mondo. La novità, per esempio, di un’agente di polizia che sfida la fatica di turni massacranti e si mette un giorno dopo l’altro al computer per arrischiarsi a raccontare. E ancora il confine fuzzy fra vita e romanzo, come nel finale di Rompicapo a New York di Cédric Klapisch e, proprio come si spiega bene in quel film, la difficoltà di scampare alla trappola dei finali troppo prevedibili. Grazie Debora, alla prossima.


Loredana Metta



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