Il Lambretta e la Luciana
Aggiungiamoci, tanto per fare un po' di colore, una storia di maltrattamenti iniziata con una violenza da parte del padre e continuata appunto anche col marito disoccupato. Immaginate questa signora che si reca all'ALER di viale Romagna con un'amica (che per fortuna la casa ce l'ha, tiene a specificare) perché al Comune, Ufficio Edilizia residenziale pubblica, ERP, le hanno garantito che le è stata assegnata una casa, esattamente il 23 di giugno ci dice, ossia quattro giorni fa. Pensate però che una solerte ma poco cortese funzionaria dell'Ente - che tra l'altro gestisce ancora, malgrado gli scandali, 28.000 case di proprietà comunale con una conduzione tanto efficiente da realizzare un deficit di 207 milioni l'anno scorso e tenere sfitti più di 5.000 alloggi - informi la signora che non è vero proprio niente, che non le è stata assegnata nessuna casa, che ci sono 45 persone prima di lei in graduatoria e che, per favore, sarebbe meglio se uscisse e li lasciasse lavorare in pace. Metteteci pure una ciliegina, su questa storia di abbandono e disperazione, sotto forma dell'assistente sociale che segue la nostra signora e che ora, proprio quando arriva lo sfratto, si sta godendo le vacanze estive, certamente meritatissime, e dunque non ricopre, questa assistente, neppure il ruolo di santo a cui votarsi in mancanza di meglio. Cosa fareste insomma, se la vita vi avesse messo nelle condizioni in cui ha messo la signora Luciana, monzese di nascita ma residente a Milano da più di vent'anni? Lei, la Luciana, non trova di meglio, in mancanza di santi, che gridare la sua rabbia e disperazione ai ragazzi del Lambretta.
E già, i lambrettari, quei fuorilegge. Proprio ieri mattina stavano bivaccando per protestare, con sacchi a pelo e qualche acconciatura da rasta, contro l'imminente sgombero del loro centro sociale occupato, sui gradini all'ingresso dell'efficientissimo Ente che ha appena scacciato la signora Luciana. “Ma dove devo andare io allora?” grida la signora. I ragazzi, mica molti: una ventina (c'è la maturità ci dice Riccardo, uno di loro), si animano, applaudono e rispondono in coro “dateci le case, dateci le case!” Loro, è risaputo, occupano da tempo le belle palazzine ALER di Piazza Ferravilla, in abbandono da decenni, e lo sgombero, il secondo, dando credito a voci insistenti sembra imminente. Ma c'è sgombero e sgombero, sfratto e sfratto. Loro, i lambrettari, resisteranno, auguriamoci in forma gandhiana, saliranno forse un'altra volta sui tetti, avranno visibilità e la solidarietà di tutta la loro area politica e sociale. E poi sono giovani e quando si è giovani tutto può prendere i colori dell'avventura.
Ma la Luciana, dove andrà la Luciana col suo diabete? “Ho la tessera del sindacato” dice, con una rabbia sul punto di tramutarsi in pianto, e ci da anche un nome. Allora telefoniamo, per verificare. Ed è proprio così. “Sì, sì” ci conferma Giacomo Magnoni del Sicet, il sindacato inquilini di via Tadino, “il Comune ha accettato la domanda della Luciana di deroga alla graduatoria in base all'art 14, per situazione di grave emergenza, ma ci sono altre 700 famiglie nella sua condizione e non ci sono le case.”
Non ci sono case per la signora Luciana a Milano, salvo i 20.000 alloggi privati e i 6.800 pubblici che restano vuoti per tanti e non proprio sacrosanti motivi. Allora cosa farà con la sua depressione, non dovrà occupare qualcosa anche lei? Però non ce la vediamo a sistemarsi in in qualche locale del Lambretta: per entrare lì ci sono altri criteri, anche se non è ben chiaro quali siano. Dovrà forzare qualche altro sigillo, o magari rivolgersi a un capobastone di S. Siro, con la sua ipertensione e l'ex marito che per lei forse non è neanche un male che rimanga in galera? Chi penserà a lei, alla Luciana, se il Comune assegna case che non ci sono, l'ALER non dispone delle case che vengono assegnate dal Comune e anche l'assistente sociale si gode il meritato riposo?
Forse ci penserà il Governo Renzi? Sì, ci ha già pensato in effetti, ma a dare il colpo di grazia perché in base all'art. 5 del decreto 47 del 28 marzo ultimo scorso (il cosiddetto Decreto Renzi – Lupi (o sciacalli?) “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.”.
É giusto, anzi sacrosanto. Viva la legalità. Però in assenza di soluzioni reali, ossia di provvedimenti per favorire la disponibilità di case private, investimenti nell'edilizia popolare e misure per una razionale gestione del patrimonio, da una simile norma, come dicono gli avvocati del Forum Diritti – Lavoro, per persone come la signora Luciana inizia una concatenazione di fatti che può portare all'annullamento totale dei diritti della persona, anche se garantiti costituzionalmente. Domicilio, residenza, diritto di voto, scuola per i figli, assistenza sanitaria, cittadinanza, oltre che naturalmente acqua, luce, riscaldamento. Tutto negato.
Così il Lambretta sarà sgomberato perché è illegale, mentre non è illegale una gestione amministrativa questa sì da galera, e la signora Luciana da domani si arrangerà come può. In fondo siamo solo nel Terzo Millennio, a Milano.
Adalberto Belfiore