Che la festa inizi. MilanoOnda Pride 2014

Siamo pronti ai festeggiamenti. Anche quest'anno è in arrivo il Pride, o meglio, l'Onda Pride. Coinvolgerà  numerose città italiane mettendo in rete cinque diversi territori: sabato 29 giugno Milano, Bologna, Napoli, Catania e tutta la Sardegna.
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Ma dietro a tanta festa, fra i molti giustificati rimbrotti, è forte la denuncia per dare visibilità al movimento LGBTQI italiano, rivendicarne i diritti, sottolineare la discriminazione della famiglia gay e il vuoto legislativo da parte del nostro
Parlamento. In sintesi: cancellare le distanze fra cittadini di serie A e B esistenti in una Italia di fatto ancora omofoba e razzista.

Le coppie dello stesso sesso sono famiglia, ma nonostante l'impegno, l'ottimismo, l'onorabilità delle rate del mutuo mese dopo mese, il 730 in regola, la coscienza civile e tutto il resto, non vengono considerate cittadini al 100%. L'uguaglianza è ancora lontana.
Un esempio? È riconosciuto che le coppie gay e lesbiche ed i loro figli e figlie rientrino nella nozione giuridica di "famiglia"e
abbiano diritto a leggi che ne regolano gli aspetti sociali ma, a tutt'oggi, sembra mancare la reale volontà da parte del Parlamento di legiferare in materia.

La  situazione attuale legislativa italiana non ha elementi per condannarla ma nemmeno si esprime. Anzi, a ben vedere, si sono espressi, a favore, la Cassazione, i tribunali in singole vicende, la Corte di Strasburgo (UE), ma il Parlamento tace. Sarebbe auspicabile una legge o una sentenza della Corte costituzionale che costringa il Parlamento ad esprimersi.
I principi giuridici di riferimento ci sono già, nella Costituzione, nei trattati europei, nella Convenzione europea dei diritti umani. Del resto il diritto alla doppia genitorialità dei figli delle coppie gay e lesbiche è garantito in tutti i Paesi dell'Europa occidentale, anche dove non vi è il matrimonio. Tranne in Italia.

Molte le cause di questo vuoto legislativo. Sicuramente le interferenze e pressioni clericali da sempre presenti nel nostro paese hanno avuto il loro peso.
Vogliamo ricordare l'ipocrisia della Legge Scalfarotto sulla omofobia e transfobia del 2013? E il suo iter insabbiato in Senato dalla destra clericale? Legge che "tutela" la libertà di espressione laddove non istighi odio e violenza.
Non apriamo poi il capitolo, e sarebbe il caso, sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. La nostra Costituzione lo vieta e ne vieta anche la trascrizione. Ha fatto scalpore la notizia dei mesi scorsi, delle nozze gay avvenute in Olanda nel 2008 fra un italiano e un olandese, e della successiva richiesta, accordata, di trascrizione a Fano, comune di residenza, e immediatamente impugnata. Insomma, niente da fare. Che non venga nemmeno sussurrato il termine"matrimonio" nel nostro Bel Paese.

Ma, in definitiva, visto che ci piacciono tanto i numeri e le statistiche, chi sono e specialmente, quanti sono le persone interessate? Quando si parla di persone LGBT, si indica sempre una minoranza stimata intorno al 5% della popolazione (quanto una grande regione) ma il dato ufficiale si riferisce ai soli dichiarati e non tiene conto dello spaventoso sommerso. Probabilmente se la categoria "velati" uscisse allo scoperto avrebbe lo stesso effetto di un terremoto sociale.
Potrebbe essere tanto liberatoria quanto destabilizzante. Sicuramente lo sarebbe per i Nostri, inclini più ad una politica di consenso e meno dei diritti.

E allora, che il Pride esprima tutta la sua visibilità, espressa come consapevolezza della propria identità, di sollecitazione ad una riflessione comune sui diritti fondamentali, senza i quali una democrazia non può funzionare.


milanopride.it


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