Arte di parte. ¿¡QUE VIVA LA PRESIDENTA!?

Essere o non essere…. Evita. Debora Virello racconta la storia di una donna politica argentina, Isabel Martinez Peron,  terza moglie del  generale Peron,“tormentata dalla necessità di essere ricordata”. Al Teatro Leonardo fino al 14 giugno.
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viva la presidenta
Ogni racconto è, per definizione, infedele. La realtà non si può raccontare né ripetere. L’unica cosa che si può fare con la realtà è inventarla di nuovo.

Questa frase di Tomás Eloy Martínez è citata nelle note di presentazione di uno spettacolo che abbiamo visto il 5 giugno al suo debutto nazionale al Teatro Leonardo. Questa nuova produzione di Quelli di Grock vede protagonista una giovane attrice e autrice, Debora Virello, con la regia di Susanna Baccari e le scene di Maria Chiara Vitali. Il monologo mette al centro una delle protagoniste della storia politica del Sud America e ha l’ambizione di esplorare le profondità psicologiche e il particolare destino d’incomprensione di un interessante personaggio femminile.

Lei, che nelle note di Sala è Isabelita  - ma noi lamentiamo l’uso screditante del solo prénom, privilegio poco invidiabile destinato troppo spesso alle donne della storia e della cronaca – è una signora che ha passato l’ottantina e oggi vive in Spagna. Si chiama María Estela Martínez Cartas ma è nota come Isabel de Perón per essere stata la terza e ultima moglie del Presidente. Ed è stata lei stessa la 41a presidente dell'Argentina, rimasta in carica dal Luglio 1974 al marzo 1976.

Si tratta quindi di un testo teatrale riguardante le vicende di un’importante donna politica. Su di lei è noto che nel 2007 un giudice argentino ne ha chiesto l’estradizione per le vicende legate alla sparizione di Hector Aldo Fagetti Gallego, avvenuta il 25 febbraio 1976, ma le autorità spagnole hanno rigettato la richiesta, dichiarando il reato prescritto. Alla Presidenta si ascrive la responsabilità politica dei decreti che autorizzarono la violenta repressione degli oppositori di sinistra, dichiarati sovversivi, ma anche nazionalizzazioni e scelte di politica sociale (rafforzamento del sistema pensionistico pubblico, riforme sul diritto del lavoro con il Patto Sociale del 1973). Deposta per un colpo di stato circondato da intricate trame politiche, ha mantenuto un ruolo di un certo rilievo nella storia argentina contemporanea, essendo stata a lungo il punto di riferimento del partito Giustizialista di Perón e avendo rifiutato per esempio di candidarsi alle elezioni per la Presidenza del 1983. In esilio (ha vissuto a Madrid, ed è tornata in Argentina solo una volta nel 1988, per questioni di successione) ha scelto di mantenere legami con la famiglia di Francisco Franco, è stata almeno in un’occasione ospite d’onore del presidente Raúl Alfonsín, e ha partecipato a colloqui da lui promossi su importanti questioni politiche.

Gli storici possono discutere e trarre conclusioni differenti sulla sue vicende e sul ruolo giocato nella recente storia argentina da María Estela Martínez Cartas de Perón. Qual è la storia raccontata dallo spettacolo?

Ballerina di night club in Colombia, dove il famoso Presidente argentino Perón era in esilio... Maria Est… ecc. ecc. …

Naturalmente non vi racconteremo altro. Ma vi confidiamo che le reazioni allo spettacolo possono essere davvero contrastanti. In un gruppo di spettatrici ne abbiamo discusso a lungo, ancor più a lungo della durata effettiva del testo presentato. Segno che il testo stimola al confronto e può essere il punto di partenza di differenti trame interpretative.

Qualcuno per esempio potrebbe lamentare gli scarsi riferimenti alle vicende politiche e l’assenza di una chiara condanna della figura della Presidenta. Del resto il focus della vicenda è tutto sulla storia interiore della protagonista e sul suo rapporto con la viva memoria storica di un mito come quello di Evita.

Noi ci chiediamo se la piéce - che ha il merito di presentare al pubblico italiano, magari lontano dalla politica argentina contemporanea, la vicenda poco nota di una donna controversa - non ricada suo malgrado in uno stereotipo. L’inquadramento asfittico di un personaggio pubblico femminile nel solo ambiente intimo-domestico a noi pare un poco desiderabile cliché, assai frequentato per le donne politiche contemporanee. Potremmo citare il film con Meryl Streep su Margaret Thatcher o quello di Luc Besson su Aung San Suu Kyi. E, ricordando che, in base a una recente ricerca, solo il 5% dei Paesi del mondo sono governati da donne e che soltanto in 78 di essi una donna ha governato almeno per un giorno, dubitiamo che questa sia la strada  per rimediare al millenario disequilibrio di potere fra uomini e donne.

Ci chiediamo inoltre se non sia un impoverimento della complessità del personaggio stesso il suo racconto in chiave di rivalità e conflitto interiore con una donna ormai universalmente assunta nel Pantheon del mito, come Jacqueline Kennedy Onassis - e qui ben due cognomi, entrambi celebri, non rendono giustizia alla frizzante personalità della Nostra – e Grace di Monaco, anche lei protagonista di un recente discusso film. Donne che spesso giungono al potere grazie al rapporto con un uomo, com’è stato il caso di Cristina Fernández de Kirchner e nondimeno meritano pienamente la posizione conquistata con personalità, intelligenza, grinta, savoir faire. Michelle Obama docet.

In definitiva non siamo riuscite a provare simpatia per il personaggio nella chiave interpretativa scelta dal racconto fattoci da Debora Virello, ma ci pare che il lavoro presentato in questo teatro della nostra zona meriti una grande attenzione e la partecipazione numerosa delle nostre lettrici, di cui attendiamo le opinioni e le riflessioni sia sullo spettacolo sia sulle modalità di rappresentazione delle donne politiche al cinema, in teatro, in televisione…


Loredana Metta


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