Andar per libri: Bolero berlinese di Ingo Schulze

Vi ricordate il gruppo di lettura sulla letteratura tedesca recentemente avviato presso la Vineria di via Stradella? Ecco la scheda del primo libro affrontato nella “lettura” di Raffaele Santoro ()
bolero berlienese
Ingo Schulze è uno dei più noti e affermati scrittori tedeschi contemporanei e questo anche a livello internazionale, essendo i suoi libri tradotti in diverse lingue e avendo ricevuto numerosi premi e riconoscimenti sia nel suo Paese che all'estero. Definito lo scrittore tedesco della generazione post – DDR, essendo nato a Dresda nel 1962 e avendo quindi vissuto nel pieno dei suoi anni giovanili le vicende connesse al collasso del sistema a “socialismo reale” in cui era cresciuto e le conseguenti vicende della “riunificazione” delle due Germanie - di cui se ne è fatto testimone raccontandole sia nella raccolta di racconti “Semplici storie” che nel romanzo “Vite nuove” definito “il “ romanzo della riunificazione tedesca. 
Schulze è uno scrittore che ha come sua impronta quella di radicare le sue opere nelle esperienze da lui vissute, sia politico sociali che personali.
E a questa caratteristica rispondono anche i racconti contenuti in “Bolero berlinese”, tredici racconti ambientati non solo in Germania ma in diversi luoghi del mondo: dagli Stati Uniti al Cairo, dall'Estonia all'Italia centrale, attraverso i quali Schulze ci mette di fronte ad una sorta di “globalizzazione esistenziale” a partire da sue personali esperienze, essendo ricorrente in questi racconti la presenza di un io narrante di cui si intuisce, per uno o più aspetti, la corrispondenza con lo scrittore che si fa quindi “autore” di se stesso. Ma Schulze nel raccontarci la “sua” realtà, riesce a trasformare il contenuto cronachistico in “storie” che si “aprono” sull'esistenza e sul mondo e si fanno rivelazioni di se stesse. E' come se le cose che accadono, così come accadono, avessero, già di per se stesse, una loro intrinseca densità alla quale non occorre aggiungere altro. Schulze allude a un senso più profondo delle cose ma non per restituircelo e “comprenderlo” ma per farcene percepire tutta la sua sfuggevolezza e, al fondo, la sua incomprensibilità e quando, al termine dei singoli racconti, ci chiediamo qual è il significato di ciò che è accaduto sono lo stupore e l'interrogazione che prevalgono, mentre quello che resta impresso è il vissuto delle emozioni. E' come se i personaggi avessero avuto delle scosse esistenziali che sono conseguenza dei contrattempi, dei turbamenti, degli scampati pericoli, delle crudeli scoperte, dei liberatori epiloghi, delle impersonali conclusioni, delle improvvise visioni, delle ostinate reazioni che come “motivi” narrativi costellano questi racconti. Quelli creati da Schulze sono dei microcosmi fatti di eventi e accadimenti in sé minimi, all'apparenza marginali e banali, per niente straordinari, su cui, pur tuttavia, aleggia un alone di straordinarietà. Schulze, in questo senso, riesce a rendere tutta l'ambiguità ed enigmaticità di ciò che racconta. La “sua” vita quotidiana con le sue circostanze incrina convinzioni e certezze, smaschera illusioni e sogni e intenti in una cosa si scopre che ne sta accadendo un'altra. La sua prosa piana e descrittiva, svagata e indolente riesce a rendere bene tutto il minimalismo degli eventi, la loro assoluta mancanza di enfasi e nello stesso tempo a lasciare dietro di sé quella scia di perturbante e di assurdo che crea quell'effetto di straordinarietà di cui si diceva. E così trapelano inquietudini, tensioni, conflitti che si insinuano se pur con risvolti grotteschi, avendo Schulze un particolare istinto per il senso del tragicomico e del ridicolo che è poi il modo con cui ci fa vedere quel senso più profondo o, se si vuole, quel “non senso”. E, in queste sue storie, avvertiamo le stesse insicurezze e le stesse minacce che avvertiamo molte volte nella nostra realtà e nella nostra contemporaneità in cui esse sono ambientate. Vi è infatti, in molti racconti, uno sviluppo per cui un elemento esterno imprevisto penetra nelle vite e nelle situazioni in cui i protagonisti si trovano e li disorienta e li confonde o, ancor più, li aggredisce e li minaccia, suscitando tutto ciò insicurezze e paure, smarrimento e impotenza, ma anche aggressività repressa o esplicita. Questo imponderabile rimanda alla convinzione di Schulze sull'assoluta casualità degli eventi nella nostra esistenza: “perchè è tutto molto casuale, tutta la nostra esistenza” dice il protagonista del racconto “Mr. Neitherkorn e il destino”. Da qui il senso di disordine e di precarietà, l'impossibilità di dare un ordine e trovare una chiarezza, nelle cose che accadono, a prescindere da dove accadano. E così, alla fine, si ha come la sensazione di avere assistito a delle favole perché di quella realtà, pur così reale, ci resta il suo senso di irrealtà, come se fossimo entrati e usciti da una fiaba.  Tutto alla fine si stempera e si dissolve e quanto accaduto non travolge i protagonisti ma li lascia come spettatori di se stessi, come se si abbandonassero a quello che è loro accaduto, come di fronte ad un' “esperienza” che gli è rimasta addosso.

(Raffaele Santoro)


Ingo Schulze
Bolero berlinese
Feltrinelli, € 16.50

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