A teatro e al cinema…a piedi. La ballata del carcere di Reading

L’essenzialità del grande teatro nella ricostruzione scenica di un poema/testamento che denuncia la vita carceraria e la pena di morte. Da non perdere. ()
ballata reading
Nel 1895 Oscar Wilde, accusato di sodomia, viene incarcerato nel carcere di Reading per scontare una pena di due anni. Da questa tragica esperienza Wilde non si riprenderà mai più, sino a morirne nel 1900 a soli 46 anni di età.
Nel 1897, subito dopo la scarcerazione, compone il poema in versi La ballata del carcere di Reading in cui, con un linguaggio drammaticamente esplicito, descrive la crudeltà della vita carceraria e denuncia la barbarie della pena di morte.
Quel testo, ancora oggi di atroce attualità, viene portato in scena da una formidabile macchina teatrale composta da Umberto Orsini (a cui si deve l’idea), Giovanna Marini (a cui si deve la musicalità) e Elio De Capitani (a cui si deve la regia).

Un’ ora di spettacolo, a livello intensissimo, in cui Orsini rende magistralmente la parola del poeta (in lingua italiana) e Giovanna Marini interpreta lo spirito della ballata musicandola (in lingua inglese).
Il combinato composto è, a tratti, da brividi per l’intensità della narrazione e per l’essenziale popolarità delle musiche che riconducono alla straordinaria tradizione anglosassone.

Il ritorno del tema: ”Nel carcere di Reading della città di Reading/ c’è una fossa di vergogna…” segnala lo sgomento e la solitudine dello scrittore di fronte alla aggressività del potere per il quale anche i carcerieri devono abbandonare ogni sembianza umana.
Nel finale del poema, intriso di una insospettabile religiosità, Wilde ricorda che “tutti gli uomini uccidono quello che amano” e che “i crimini più gravi necessitano del perdono più grande”.
O per dirla con i versi di un altro grande poeta:” Freres humains qui aprè nous vivez, N’ayez les cuers contre nous endurcis” (Villon).
Anche in Wilde, come in Villon, il dolore e la sofferenza diventano palpabili, ineludibili.

Con questa forza evocativa, di chi ha conosciuto l’ignominia del carcere, si suggella una spiritualità fuori dagli schemi e dai dettami della religione.
Dice Giovanna Marini, nel prologo, che oggi, nella nostra società, i valori più profondi si sono persi, dileguati nella ricerca dell’effimero.
La ballata irrompe con tutta la sua attualità a ricordarci sentimenti umani di base, la pietà, la solidarietà, il bisogno di giustizia.
Sulla scena spoglia, un tavolaccio di legno, una lunga panca, due o tre sedie, irrompono fasci di luce improvvisi e scende un controsipario a scoprire un crocefisso davanti al quale si compone una ritualità che ricorda da vicino il pianto antico della nostra tradizione popolare.
Le voci e la presenza scenica di Umberto Orsini e di Giovanna Marini contribuiscono a rendere, ancora una volta, la grande magia del teatro.

Gli applausi alla prima durano alcuni minuti. Avete tempo sino al 18 maggio. E’ doveroso.



La ballata del carcere di Reading
da Oscar Wilde
traduzione e adattamento di Elio De Capitani e Umberto Orsini
con Umberto Orsini e Giovanna Marini
musiche composte ed eseguite dal vivo da Giovanna Marini
regia di Elio De Capitani
Compagnia Umberto Orsini

Teatro Elfo Puccini
Sala Fassbinder
Sino al 18 maggio
www.elfo.org

(Massimo Cecconi)

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