Rosolia congenita e vaccinoprofilassi
In Italia, fra il 2005 e il 2008, si sono verificati 110 casi di
rosolia in gravidanza e 5 feti hanno contratto la rosolia congenia (Crs). Sono
dati che l'Associazione dei microbiologi clinici italiani (Amcli) ha comunicato
nel corso di un Congresso internazionale sul tema a Roma. Raccomandata la
vaccinoprofilassi e i test di screening in epoca prenatale o nelle fasi
iniziali della gravidanza.
«La rosolia congenita non č una malattia superata e, per evitare la grave patologia che si manifesta con ritardo psicomotorio, cecitą, sorditą e talvolta cardiopatie congenite, occorre sollecitare la vaccinazione delle donne» ha sottolineato Tiziana Lazzarotto, esponente dell'Amcli e docente di Microbiologia al Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna.
Secondo l'Oms, se una donna
contrae la rosolia nelle prime 12 settimane di gravidanza ha il 90% di
probabilitą di trasmettere il virus al feto e il 50% di probabilitą che il feto
manifesti la Crs. In particolare, nell'emisfero occidentale e durante periodi
non epidemici, circa 20.000 bambini ogni anno nascono affetti da Crs.
Del resto il ministero della
Salute italiano ha approvato il Piano nazionale per l'eliminazione del morbillo
e della rosolia congenita (Pnemorc) 2010-2015. L'Amcli raccomanda fortemente la
vaccinoprofilassi per la sua elevata efficacia nel prevenire la trasmissione
materno-fetale del virus.
«Se una donna scopre di non avere anticorpi contro
la rosolia e sa di non aver effettuato la vaccinazione in etą infantile,
dovrebbe richiederla prima di programmare una gravidanza» afferma Lazzarotto.
«Se invece č gią in gravidanza e non ha effettuato o non ricorda di aver
effettuato la vaccinazione, deve sottoporsi ai test di screening entro le prime
settimane di gestazione, presso i
laboratori di Microbiologia. Se tutti gli esami di laboratorio e strumentali
condotti durante la diagnosi prenatale sono negativi, la diagnosi/prognosi
fetale č molto favorevole».