Oikia, una "dimora" per le donne

Associazione OIKIA Onlus. Attività di ascolto, accoglienza, sostegno, promozione sociale e formazione a favore di donne in condizione di disagio personale, familiare e lavorativo. ()
donne casorati
Nasce a fine 2012 dopo quasi due anni di sperimentazione dell’omonimo progetto e, soprattutto, come frutto di almeno dieci anni di lavoro e di condivisione di pezzi di vita con donne di varie età e nazionalità che faticosamente hanno tentato di ricomporre percorsi interrotti di esistenze dolorose, difficili ma mai del tutto prive di speranza e di desiderio di ricominciare. Uno spazio di accoglienza e incontro per le donne in difficoltà, in condizioni di  disagio sociale. Ma non solo.
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Dal dramma della violenza di genere e dalla solitudine, alle questioni legate alla famiglia, alla genitorialità, all’affettività ma anche al lavoro (meglio ai lavori) delle donne; ciò che conta è ascoltare, accogliere, aiutare le persone a trovare dentro le proprie risposte e soluzioni e nella relazione con altre donne evitando la trappola delle etichettature e delle risposte preconfezionate.
‎‏Una storia. Per capire.

‎‏Una solitudine da panico
‎‏… Mi prende la gola, mi stringe il naso, ecco, l’attacco di panico mi afferra, pronto come un cane in attesa della sua preda dietro l’angolo. Dietro l’angolo del CPS, nel regno della mia sconfinata solitudine.
‎‏Ho avuto il mio colloquio, la psicologa gentile come sempre, e anche professionale mi pare.
‎‏Ho avuto la mia prescrizione per la dose mensile di antidepressivo e di ansiolitico.
‎‏Dovrebbe bastare? Dovrebbe.
‎‏Non mi basta.
‎‏Non mi basterà domani e domenica e tutti i giorni da oggi al prossimo appuntamento.
‎‏Già, le pastiglie e le gocce non fanno molta compagnia, nel deserto d’agosto. Ma del resto nemmeno in ottobre, o a Natale. Diciamo che non riescono proprio a riempire nessun vuoto, perché non ci sono gocce o pastiglie contro la solitudine…
‎‏Comunque mi dovrò arrangiare alla meglio.
‎‏Fortunatamente siamo a venerdì pomeriggio e lunedì mattina potrò ritornare dalle donne a Oikia!
‎‏E per fortuna quel giorno di tre mesi fa, vagando per le strade, in autobus inseguita dalla mia solitudine, ma in compagnia della mia curiosità, scendendo alla mia fermata ‏ho visto appeso alla pensilina quel foglio svolazzante “OIKIA- Nasce un nuovo punto di incontro per le donne del quartiere”.
Forse è stata la disperazione di quel giorno ai livelli di angoscia da bloccare il respiro in fondo alla gola, che mi ha fatto copiare il numero di telefono da quel foglietto. Ma la mia amica curiosità mi ha fatto poi decidere di arrivare lunedì fino all’indirizzo della sede, senza troppe speranze in realtà, come pile scariche le avevo ormai quasi tutte esaurite.
‎‏“Un po’ di fortuna anche per me!” ho pensato già da quella prima mattina, e ho continuato a pensarlo nelle settimane e nei mesi successivi, e continuo a pensarlo ancora oggi.
‎‏L'ho pensato quel giorno, quando il mio medico di base mi ha freddamente liquidata, anche se era la fine di luglio mi sono sentita gelare. Liquidata perché mi ha dovuta ricevere l’ultimo giorno prima delle ferie? O forse gli sono antipatica, magari non mi sopporta perché sono troppo grassa. Però non mi ha mai detto di dimagrire, o proposto una dieta, è come se per lui fossi trasparente, nonostante tutta la mia ciccia!
‎‏Mi sono ritrovata con quel mazzo di fogli tra le mani “Vada a casa, li compili e poi li consegni all’ufficio di competenza…..”. Non ho nemmeno sentito la fine della frase, i fogli hanno cominciato a svolazzarmi nella testa; intanto lui si era già alzato e aspettava scocciato accanto alla porta aperta. Forse lui non aveva capito il mio spavento. Ero terrorizzata al pensiero di non riuscire a compilare quel fascio incomprensibile di fogli, da quei fogli dipendeva il rinnovo della mia pensione di invalidità, che per me è una necessità vitale.
‎‏Fuori, sul marciapiede il primo pensiero è stato “Fortuna che domani Oikia è aperta!”. E come pensavo Adriana mi ha aiutata, non a compilare quei fogli, nemmeno lei ci riusciva del tutto! Ma ha chiamato l’avvocata di un patronato di assistenza e poi mi ha accompagnata alla loro sede.
‎‏Io ho bisogno di una mano che mi accompagni, perché anche se ho le gambe buone, la paura di non vedere gli ostacoli e inciampare, a volte mi paralizza. È come se la cataratta dall’occhio mi salisse nella testa.

‎‏La povertà delle donne
‎‏L’impoverimento che ha colpito tutta la nostra società tocca in particolare le donne assumendo una peculiare dimensione di genere. Impoverimento non significa solo minore reddito, ma un processo complessivo di deprivazione che nasce da una sinergia negativa tra famiglia, mercato del lavoro e della casa, welfare state.

‎‏Molte donne, giovani, adulte, anziane, autoctone e immigrate sono più vulnerabili e più penalizzate di fronte a questo intreccio di fronti di crisi, senza che il loro costante lavoro di cura trovi alcun riconoscimento. La marginalità e il disagio femminile spesso sono amplificati da contesti urbani, dove viene meno la coesione sociale.

‎‏Questo vale anche per la città di Milano: aumentano donne anziane sole, donne con o senza figli, casalinghe che lanciano messaggi d’aiuto alle strutture pubbliche e private. Non sempre, però, queste sono capaci di dare risposte che tengano conto della complessità della persona e dell’unicità della sua storia. Identità fragili rischiano di essere frantumate da un accoglimento settoriale, mirato nel migliore dei casi, a dare risposte “tampone” all’emergenza.

‎‏È fondamentale invece che donne in temporanea condizione di disagio trovino un ambito di sosta, di accoglimento pieno, dove la loro storia trova senso, le risorse possono emergere, il disagio si trasforma in resilienza la loro vita può essere riprogettata.
 

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La persona al centro: ricomporre il puzzle 
‎‏Accogliere la persona nella sua interezza significa accoglierla nella sua complessità, nella sua multiproblematicità, facendo ordine tra i problemi, intervenendo su più fronti, capendo insieme quali sono le priorità,  senza mai dimenticare la valorizzazione delle risorse di cui è portatrice.

Significa dare una risposta “globale” che rimette al centro la persona, ovviando alla frammentazione, alla settorializzazione dei servizi, che parcellizzano i bisogni e le conseguenti risposte. Le donne che si rivolgono allo spazio, arrivano con una richiesta di aiuto su uno specifico problema (ad es. il disagio economico), ma basta scavare un po’ per capire che quel problema è solo la punta di un iceberg, che nasconde un mondo molto più complesso. Per questa ragione è importante costruire una relazione di fiducia con coloro che si rivolgono a questo tipo di servizio.

‎‏Proprio perché le persone presentano una dimensione multiproblematica, è necessario costruire esperienze che si pongano come “collante” tra i servizi abituati a rispondere solo parzialmente ai problemi e le persone. Esperienze che diventano il filo rosso cucito tra le persone e i servizi, che si facciano testimoni di percorsi articolati, che accompagnino e sostengano le persone nella ricerca della/e soluzione/i. 
Esperienze che si facciano interfaccia tra servizi e persone, con umiltà, riconoscendo ai servizi preposti, le dovute competenze. Non si tratta dunque di esperienze che si sostituiscono a servizi già esistenti, ma piuttosto di esperienze che facilitano la relazione tra il servizio e la persona.
‎‏I destinatari di esperienze di questo tipo non sono solo i beneficiari diretti, ma anche la famiglia, le reti famigliari, i territori. Se il territorio è “espulsivo”, quelli che sono i disagi personali si trasformano in “bombe a orologeria”. 
Per quanto riguarda le donne, le esperienze come questa, partono dalle donne per aprirsi al territorio, perché le donne sono l’anello debole e contemporaneamente il ponte tra famiglia e territorio.

‎‏Adriana De Benedittis

‎‏Per informazioni e contatti:
‎‏associazioneoikia@libero.it
 
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Re: Oikia, una
07/04/2014 Grazia Biraghi
Ho letto il bellissimo articolo, sono psicoterapeuta e sto aiutando Adriana , nell'ambito di OIKIA, nell'ascolto di alcune utenti che si rivolgono a lei.
Ho lavorato molti anni nel servizio psichiatrico pubblico, ritengo che questa iniziativa sia estremamente utile alle donne con forti disagi e molte solitudini.
Ora, in pensione dal mio lavoro, do con molto interesse il mio contributo di ascolto psicologico e credo che questa iniziativa dia una risposta importante sul territorio raggiungendo donne (di tutte le età) che non arrivano ai servizi pubblici, ma che trovano in OIKIA un importante punto di riferimento e di accoglienza ai loro bisogni.


 
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