A proposito di... Gli anni spezzati - Il Commissario
(Franco Calamida)13/01/2014
La verità è stata capovolta, non solo occultata.
Quanti, come me, fecero ciò che pensavamo giusto, e lo era, hanno questa memoria: furono gli anni delle generose e straordinarie lotte di operai/e, impiegate/i e studenti.
Non furono "gli anni di piombo": il terrorismo venne dopo.
Non furono gli anni della violenza, ma della passione collettiva e della "scalata al cielo" di milioni di giovani (e non solo), che nei luoghi di lavoro, di studio, nella società contrastarono l'autoritarismo e il bigottismo, il consumismo, l'egoismo sociale, il grigiore degli imbecilli e l'arroganza di chi comandava. Ovunque.
Furono gli anni della solidarietà, del riconoscersi nell'altro, del "partire dagli ultimi" e "nessuno resterà più solo. Delle amicizie profonde e degli amori e delle libertà nei comportamenti sessuali.
Ma quali "Anni di piombo"?
Il solo piombo fu sparato contro i lavoratori, ad Avola e Battipaglia; la sola violenza fu quella dei manganelli della polizia e dell'indifferenza dei molti.
La violenza esplose, terribile e assassina, il 12 dicembre 1969. Non prima. Tutto cominciò alle 16 e 20 di quel giorno lì, che segnò tutti i successivi.
Fu la violenza che tolse la vita a Pinelli, innocente, non suicida.
Di quelle bombe furono vittime anche i lavoratori e gli studenti in lotta, furono vittime i nostri sogni. Gli "scalatori del cielo" vennero colpiti... ferocemente. Tutto fu più difficile.
Regista e attori della fiction dicono ”accettiamo le critiche". Ma le nostre non sono critiche.
Sono una denuncia, chiara e netta: l'Ufficio politico della Questura, del quale Calabresi condivise tutte le responsabilità, protesse i colpevoli della strage, i fascisti; depistò le indagini, nascose tutte le prove; accusò, senza prova alcuna Valpreda e Pinelli. Cioè la sinistra. Fu e resterà per sempre colpevole. Calabresi non fu un "fedele servitore dello Stato”.
Da un lato la destra fascista che mise le bombe, e i suoi protettori, e gli indifferenti; dall'altro noi, le speranze, le lotte. E un simbolo, ciò che credo mai avrebbe desiderato, Pinelli. Non opposti estremismi.
Regista e attori della fiction hanno "depistato la memoria". La strage fu di Stato. Tacendolo hanno riprodotto un falso. Di nuovo, come allora. Il messaggio che la fiction (ma non solo la fiction) trasmette ai giovani di oggi, è questo: il 68/69 fu violenza, null'altro che violenza.
E che cosa hanno detto, o scritto, storici, intellettuali e politici, del centrosinistra e della sinistra, di questa vicenda? Con qualche eccezione, nulla.
Eppure quegli anni furono gli anni dell'egualitarismo, che distingue la sinistra dalla destra (Norberto Bobbio). Non solo la Rai li ha rimossi.
Il ComitatoxMilano di zona 3 (che il 15 dicembre ha dedicato una serata di riflessione sulla strage di piazza Fontana e sulla morte di Pinelli quarantaquattro anni dopo i terribili fatti. Si veda l'articolo Quella sera a Milano era caldo) ha rappresentato una positiva eccezione, collocando i fatti nel contesto storico, nel proporre un racconto di vita vissuta, di un collettivo, di un'assemblea, delle lotte per la dignità in una azienda metalmeccanica. E dell'importanza dell'amicizia e delle relazioni anche personali.
Che dire oggi ?
Vorrei che anche Calabresi, assassinato, con dolore per la sua famiglia, fosse lasciato dopo tanti anni riposare in pace. Non per ricerca di "pacificazione", per nulla (neppure i morti sono tutti eguali, non lo sono nella memoria dei vivi e neppure per Dio, per i credenti).
Ma ben ricordo che anche quell'omicidio ricadde sulla tenuta delle lotte. Non fu "la vendetta del proletariato".
Riposi in pace.
Non per dimenticare, anzi, ma per poter dire: "mai più violenza". E restituire a quegli anni il loro senso più profondo: milioni e milioni di donne e uomini, non singoli personaggi, dissero "La politica non è cosa di lorsignori".
Per farci tacere usarono le bombe.
Franco Calamida
In apertura: il Commissario Luigi Calabresi (foto d'archivio)