Violetta non è solo alla Scala

Riflettere sui rapporti fra il teatro lirico di tradizione e il mondo di oggi. ()
la traviata del 1853 a venezia
Si è svolto in Zona3 un interessante incontro fra Stéphane Lissner, direttore artistico uscente del Teatro alla Scala e l’assessore alla cultura Filippo Del Corno, affermato compositore, sull’opera scelta per la prima della Scala 2013: Traviata di Giuseppe Verdi. Molti i temi emersi nel dialogo, svoltosi lunedì 2 dicembre presso il teatro Leonardo nell’ambito della manifestazione Violetta in città, che prepara il pubblico di Milano all’inaugurazione della stagione lirica. A detta di Lissner, è buono il bilancio di gestione, con le 280 alzate di sipario e i 460mila gli spettatori; di rilievo le prime rappresentazioni dedicate ai giovani, che allargano il pubblico del Teatro. Il sovrintendente si rammarica, invece, per l’obiettivo non ancora raggiunto dell’autonomia del Teatro, richiesta fin dai tempi di Toscanini, cui si sono recentemente opposti i sindacati, ricorrendo contro i cambiamenti del regime contrattuale imposti ai lavoratori.

Per noi della Città delle donne, la serata è stata interessante per l’esplicito richiamo di Lissner all’impegno che deve caratterizzare il teatro lirico sulla scorta del più aperto e sperimentale teatro drammatico. È necessario, sempre secondo Lissner, superare il tipico gusto estetizzante per l’allestimento pregiato e i costumi sontuosi, che volgono verso il glorioso passato dell’opera uno sguardo eccessivamente conservatore, per stimolare il pubblico alla riflessione, grazie a interpretazioni aggiornate e correnti, in grado di mostrare pienamente il vero ruolo del teatro pubblico, non limitato al mero intrattenimento.

La figura di Violetta è per il sovrintendente un’occasione di riflessione sulle problematiche che riguardano il rapporto fra uomini e donne nel nostro tempo. La protagonista della Traviata, la demi-mondaine che dà scandalo con la sua condotta (la Signora delle Camelie di Dumas, da cui è tratta la Traviata di Verdi, proviene dalla cronaca parigina del tempo) è in fondo solo una donna innamorata, una figura nobile e generosa alle prese con la brutalità e l’egoismo di Alfredo Germont, il fascinoso innamorato, e di Giorgio Germont, il rigido padre perbenista che si frappone alla loro felicità.

Il pubblico di tutto il mondo simpatizza con le sofferenze, la disillusione e la morte del personaggio verdiano che, secondo le statistiche di Operabase, nelle ultime cinque stagioni teatrali (2007 – 2012) è il più rappresentato al mondo, con un totale di 629 mise en scène. La Violetta del 7 dicembre prossimo ci riserva un’ancor maggiore attenzione all’approfondimento psicologico dei personaggi e delle loro relazioni, e una sorpresa nel finale, che il sovrintendente non ha certamente rivelato, ma che – promette - rivelerà la concezione nuova, intima e profonda data al lavoro verdiano dal regista Dmitri Tcherniakov.

A noi, Violetta piace nel I Atto, quando canta:
Sempre libera degg'io
Folleggiar di gioia in gioia,
Vo' che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer (…)

E sottolineiamo che nel III atto dell’opera, Alfredo umilia pubblicamente Violetta, gettandole in faccia soldi di cui è debitore. È lui, nel periodo della loro liaison, a farsi mantenere da Violetta, la cocotte.
Il librettista, Francesco Maria Piave, difatti, fa dire ad Alfredo:
Ogni suo aver tal femmina
Per amor mio sperdea (…)

Già. Ci sono uomini che ti tolgono tutto quello che hai e quando li lasci hanno bisogno di farti male, molto male. E questo è nella nostra cronaca di ogni giorno.
Di fronte a quest’eros dolceacre, alla “croce e delizia” del testo verdiano restiamo dubbiose. Speriamo invece nella prima rappresentazione di una giovane compositrice contemporanea, che, con una sua opera, voglia dirci la sua sull’argomento. Ce la faremo prima della fine del XXI secolo?



Loredana Metta
info@lacasadelleartiste.it



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