"L'Avaro" davanti e didietro di Quelli di Grock

Al Teatro Leonardo la prima nazionale della nuova produzione nel 40° compleanno della storica compagnia. Un grande successo.
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Avaro

Sala piena e lunghi minuti di applausi alla fine. La prima nazionale della nuova produzione di Quelli di Grock nell'anno del 40° compleanno non poteva andare meglio. É sempre una bella scommessa cimentarsi con un maestro o mostro sacro del teatro mondiale ma non c'è dubbio che sia stata vinta. Ritmo incalzante, scelte drammaturgiche originali, soluzioni sceniche accattivanti, abile intersezione di piani narrativi e freschezza espressiva gli ingredienti di una pièce davvero vivace e riuscita. Si rivela particolarmente felice l'idea di inserire, accanto ai quelli tradizionali della celebre commedia di Molière, i temi di un'altra sua opera poco conosciuta, “L'Improvvisazione di Versailles”, in cui il grande autore francese mostra il lavorio degli attori dietro le quinte. Così i piani si intrecciano e lo spettatore non sa più se sta assistendo allo svolgersi dell'opera tradizionale così come dev'essere sulla scena o sta dietro appunto alle quinte partecipando anch'esso ai contrasti, alle ansie e alle invenzioni dei guitti per portare a termine lo spettacolo. E la dinamica di scena e retroscena, davanti e didietro, rappresentazione e preparazione, favorita anche da una macchina scenica in cui il frontone di un Théâtre Francais (ma potrebbe anche essere un riferimento ai teatri classici dove veniva rappresentata l'Aulularia di Plauto che ha ispirato Molière) ruotando diventa un interno borghese, ci porta a un continuo spaesamento ma anche a un coinvolgimento più intimo, con gli attori che a volte recitano spalle al pubblico come se il pubblico vero fosse quello immaginario e stesse seduto dalla parte del fondo e quello vero davvero seduto in sala fosse parte della compagnia e partecipasse dei suoi problemi.

E la storia si sgrana vivace, grazie soprattutto al più che convincente Arpagone di Pietro De Pascalis, antico e moderno assieme, figura da commedia dell'arte e uomo dei nostri giorni, convincente nelle sue ossessioni e nell'antonomastica aridità di cuore ma non privo di una sua attualissima verità. L'intreccio tradizionale, con l'Avaro alla fine sconfitto nei suoi piani prevaricatori, si svolge sotto gli occhi di un Re eletto all'inizio tra il pubblico e oggetto di ossequiose blandizie ma alla fine sospettato addirittura di aver rubato lui la cassettina con i diecimila scudi d'oro con cui Arpagone ha dialogato tutto il tempo come con un'amante.

Un Re finto, naturalmente, e fintamente scelto tra il pubblico essendo anche lui un guitto parte del gioco che alla fine riceve gli applausi con gli altri, ma efficace metafora del pubblico vero, cliente e sovrano, invitato a tornare numeroso, plaudente e pagante, per garantire che la compagnia possa sopravvivere e il gioco teatrale continuare, infinito.

In cartellone al Teatro Leonardo fino al 1 gennaio. Non perdetevelo.

Adalberto Belfiore


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